DIALOGO TRA LE STATUE DI G. G. BELLI E DI TRILUSSA
scritti irriverenti di Maurizio MACALE foto di Mauro NAVARRA
Trastevere, il noto in tutto il mondo antico quartiere di Roma bella, ha dedicato ai due suoi grandi figli poeti in dialetto romanesco, G.G. Belli e Trilussa, due statue che si trovano giusto in Trastevere, però solo ai margini, per così dire, all’inizio del Rione… In una piazza all’imbocco di viale Trastevere, tra Lungotevere, ponte Garibaldi e viale Trastevere, è stata eretta la statua di Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo BELLI (1791-1863), monumento che gli venne dedicato a celebrazione dei 50 anni dalla morte del grande poèta dall’ artista-scultore siciliano Michele Tripisciàno. Era il 1913. Il monumento fu proposto dal poeta Domenico Gnoli e da altri romani al sindaco Nathan. La statua in marmo travertino romano, su di un basamento rappresenta il Belli come appoggiato alla spalletta del quasi adiacente ponte Fabricio accanto a una delle erme quadrifronti di quel ponte. Con il gesto della mano destra egli sembra invitare i curiosi ad ‘andare a quel paese’ …
Mentre, invece, il bastone tenuto nella mano sinistra appare dipinto di nero a voler imitare l’ebano. Quello attuale è , però, una sostituzione degli svariati bastoni originali in legno, tutti rubati. Sul basamento il Tripisciàno ha inteso raffigurare in rilievo la personificazione del grande fiume Tevere, distesa, oltre che la statua ‘parlante’ di Pasquino con, schierati tutt’intorno, alcuni popolani di Roma. Ai lati del monumento, si trovano due fontane identiche, alimentate dall’acqua proveniente da un mascherone raffigurante le allegorìe della Poesia e della Satira.
Mentre, invece, il bastone tenuto nella mano sinistra appare dipinto di nero a voler imitare l’ebano. Quello attuale è , però, una sostituzione degli svariati bastoni originali in legno, tutti rubati. Sul basamento il Tripisciàno ha inteso raffigurare in rilievo la personificazione del grande fiume Tevere, distesa, oltre che la statua ‘parlante’ di Pasquino con, schierati tutt’intorno, alcuni popolani di Roma. Ai lati del monumento, si trovano due fontane identiche, alimentate dall’acqua proveniente da un mascherone raffigurante le allegorìe della Poesia e della Satira.
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Il monumento a TRILUSSA (del 1954, quattro anni dopo la sua morte) sorge, invece, non molto lontano da quello del Belli , nella omonima piazza Trasteverina, a poche decine di metri dal Lungotevere e dal celebre Ponte Sisto dal quale la Piazza derivava il suo nome prima della attuale denominazione. La statua di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri (1871 – 1950), celebre con lo stranoto pseudonimo di Trilussa, venne realizzata in bronzo dallo scultore Lorenzo Ferri; Trilussa è colto in una singolare posizione, come se stesse per alzarsi, e muovendo una mano. Al fianco del grande Romano, è stata incisa una lapide recante il testo della sua poesia “All’ombra”. A Roma, a Trilussa, oltre alla detta statua, sono dedicate altre due memorie, in questi due casi targhe: in via del Babbuino, nel Rione Campo Marzio, accanto alla casa in cui Trilussa vide la luce, ed in via Maria Adelaide, ancora in Campo Marzio, presso la casa in cui egli visse. Sei anni fa, nel 2013, fu realizzato un singolare scritto di diàlogo tra le statue dei due poeti, inteso a protestare contro la dirompente speculazione edilizia, scrittura che si può considerare tuttora di altissima attualità, della quale si parla più avanti. In essa uno sconcertato Belli si rivolgeva all’amico Poeta e collega, attraverso un grande cartello che recava attaccato al collo, chiedendogli lumi sull’inopinata trasformazione del Rione… E Trilussa gli rispondeva rivendicando salacemente alla poesia, alla ‘mètrica’, il ruolo di indagine doverosa e di protesta sui misfatti in generale…
Mauro N. e Maurizio M. passéggiano per le caratteristiche vie e piazze di Trastevere, quand’ecco che, inavvedutamente chiacchierando, sono giunti a Piazzetta Trilussa, presso il monumento al medesimo Poeta romanesco, il quale sembra che, sporgendosi troppo dal proprio basamento, abbia raggiunto a portata di bocca il vicino monumento al Belli nella piazza omònima, ed ecco che le due statue sembrano interloquire… MAURO: …C’è qualcosa in questo Rione che mi parla al cuore da sempre, come se ci fossi già stato in vite precedenti, non càpita così anche a te, Maurizio?MAURIZIO: Sì, è vero, caro Mauro… Qualcosa di màgico aleggia anche di giorno in questo antico Rione, figuriàmoci dal crepùscolo in avanti fino alla notte fonda… Aleggiano interno a noi strane evanescenti forme, come larvàli. Magari, però, ci stiamo solo illudendo, sono soltanto semplici sensazioni… Ma non sembra anche a te di sentìre come un brusìo di parole sensàte, articolate, eppure siamo soli io e te in questa piazzetta, ma non mi dire che è la statua dl sincero Trilussa a mormorare: ma guarda! Sta parlando con il Belli… MAURO: Certo che a questo mondo, a noi tutti troppo sconosciuto, ed in questa Magica ROMA, tutto può succedere. …Ma dài, poniàmoci in ascolto!...
Le 2 STATUE, come belle vive e vègete, iniziano realmente a parlottare tra loro. In fondo, soltanto alcune centinaia di metri di Lungotevere Trasteverino le sepàrano tra loro… Dapprima pare soltanto un mormorìo confuso e indistinguìbile, poi, lentamente, si iniziano a distinguere le singole parole, pezzi di un discorso compiuto, che parla di cose assai gravi e di malcostume… Giuseppe Gioachino BELLI(con un grosso cartello appeso al collo):
’’ …Ma mannaggia!!! E dannazione!!!… A Trilù, ma che è ‘sta storia? / Trestevere sta a perde la memoria? / Vonno abbatte ’n luogo de cultura, / Pe’ magnacce co’ la speculazzione. / Se famo rifilà ‘sta fregatura / Popo qui, ner rione der leone?’’.
Carlo Alberto Camillo Mariano SALUSTRI detto TRILUSSA (in maniera salace): ’’ A Gioacchi’, te sveji adesso? / Stanno a trasformà Roma in un cesso. / Questi ( ma tutti…) se pensaveno d’ ave’ svortato, / D’ ave’ scoperto qui la Mèrica… / Ma intanto er Rione s’è mobilitato: / Loro occupando, noi co’ la mètrica’’.
MAURO e MAURIZIO: …Senti senti… Anzi, ma ansenti ’n po’… … …
G.G. BELLI: Che voi che te dica, a Carlarbe’, qui ognuno fa come c…. je pare! E Roma more… Roma, invece, è vero, ”nun se discute, se ama…” , come diceva un grandissimo Romano de Roma… Anzi, te dico de più… Proprio a meno de due passi da qui, in una viuzza er cui nome nun vojo svela’ ( sinno’ povero lui!...) abitava (o abita, chissà, dato sì che è parecchio che nun lo vedo de passa’ …) da parecchi anni , il grande cantore-autore della canzone romana o mejo dedicata a Roma ( e alla Roma…), Antonello Venditti, core de Roma, autore del verso ( e de mille artre bellissime e stupende canzoni…) che t’ho appena rivolto… Ma hai visto? Quarcuno ci ha fatto inizia’ a parla’ con le stesse parole, esatte, co ‘e quali tant’anni fa quarche burlone – incazzato!!! – ci aveva fatto discute ( a bella posta avemo dovuto parla’ co’ ‘e virgolette, sai, sarvognuno, er diritto d’autore… Qua, in Italia, chi pe’ primo s’arza se veste…, in America, poi, è peggio! ), per mezzo de un grosso cartello originariamente appeso ar mio collo che era incentrato sulla speculazione edilizia e sulla trasformazione troppo rapida e inaspettata de Trestévere, (rione ner quale, tra l’ artro, detto tra noi, io nun ho mai abitato, contrariamente a quello che se sente di’ in giro comunemente… Tanto è vero che mi hanno fatto la STATUA proprio qui a Trestévere!!!). Vabbe’ che è proprio qui er core de Roma bbella, Roma nostra, e noi due l’avemo popo rappresentata ar mejo… Ma se stamo a guarda’, nun è che adesso stamo messi tanto mejo a petto dei tempi der cartello: mo’ , da parte dell’Amministrazione Capitolina nun se spende un sordo pe’ cura’ ‘sta bella/imbruttita Roma, pe’ ‘a paura che i titolari dell’ Imprese de costruzzione màgneno e fanno magna‘ li personaggi corrotti: così nun gira da quarche tempo più ‘na lira, pardon, un Euro ( li mortacci de li corrotti e de la diavolerìa de l’Euro che artri se so’ ‘nventati!…). De sicuro, è ovvio, meno sòrdi gìreno, meno se magna, è proprio una questione de matemàtica… Su che se potrebbe magna’ se nun gira un c…. ?!
’’ …Ma mannaggia!!! E dannazione!!!… A Trilù, ma che è ‘sta storia? / Trestevere sta a perde la memoria? / Vonno abbatte ’n luogo de cultura, / Pe’ magnacce co’ la speculazzione. / Se famo rifilà ‘sta fregatura / Popo qui, ner rione der leone?’’.
Carlo Alberto Camillo Mariano SALUSTRI detto TRILUSSA (in maniera salace): ’’ A Gioacchi’, te sveji adesso? / Stanno a trasformà Roma in un cesso. / Questi ( ma tutti…) se pensaveno d’ ave’ svortato, / D’ ave’ scoperto qui la Mèrica… / Ma intanto er Rione s’è mobilitato: / Loro occupando, noi co’ la mètrica’’.
MAURO e MAURIZIO: …Senti senti… Anzi, ma ansenti ’n po’… … …
G.G. BELLI: Che voi che te dica, a Carlarbe’, qui ognuno fa come c…. je pare! E Roma more… Roma, invece, è vero, ”nun se discute, se ama…” , come diceva un grandissimo Romano de Roma… Anzi, te dico de più… Proprio a meno de due passi da qui, in una viuzza er cui nome nun vojo svela’ ( sinno’ povero lui!...) abitava (o abita, chissà, dato sì che è parecchio che nun lo vedo de passa’ …) da parecchi anni , il grande cantore-autore della canzone romana o mejo dedicata a Roma ( e alla Roma…), Antonello Venditti, core de Roma, autore del verso ( e de mille artre bellissime e stupende canzoni…) che t’ho appena rivolto… Ma hai visto? Quarcuno ci ha fatto inizia’ a parla’ con le stesse parole, esatte, co ‘e quali tant’anni fa quarche burlone – incazzato!!! – ci aveva fatto discute ( a bella posta avemo dovuto parla’ co’ ‘e virgolette, sai, sarvognuno, er diritto d’autore… Qua, in Italia, chi pe’ primo s’arza se veste…, in America, poi, è peggio! ), per mezzo de un grosso cartello originariamente appeso ar mio collo che era incentrato sulla speculazione edilizia e sulla trasformazione troppo rapida e inaspettata de Trestévere, (rione ner quale, tra l’ artro, detto tra noi, io nun ho mai abitato, contrariamente a quello che se sente di’ in giro comunemente… Tanto è vero che mi hanno fatto la STATUA proprio qui a Trestévere!!!). Vabbe’ che è proprio qui er core de Roma bbella, Roma nostra, e noi due l’avemo popo rappresentata ar mejo… Ma se stamo a guarda’, nun è che adesso stamo messi tanto mejo a petto dei tempi der cartello: mo’ , da parte dell’Amministrazione Capitolina nun se spende un sordo pe’ cura’ ‘sta bella/imbruttita Roma, pe’ ‘a paura che i titolari dell’ Imprese de costruzzione màgneno e fanno magna‘ li personaggi corrotti: così nun gira da quarche tempo più ‘na lira, pardon, un Euro ( li mortacci de li corrotti e de la diavolerìa de l’Euro che artri se so’ ‘nventati!…). De sicuro, è ovvio, meno sòrdi gìreno, meno se magna, è proprio una questione de matemàtica… Su che se potrebbe magna’ se nun gira un c…. ?!
TRILUSSA : Ci hai disgraziatamente ragione, ahinoi! E se te ‘o dice uno che è venuto circa 80 anni dopo de te, ce poi sta’… Mannaggia, che robba!... Certo, sta’ città me pare anche parecchio disgraziata ( nel senso di soggetta a disgrazie, parecchie…) e sinistrata (nessun riferimento a movimenti polìtici creduti progressisti…) ormai da troppi anni… E poi tra arberi ‘spelacchi’ e ‘spezzacchi’ ormai nun se stamo più a gode’ , da quarche tempo, nessun Natale come Dio comanna… e sì che io amavo le poisccoel cose, gli animali, le api, er cane, le lumachelle, ‘e lucciole ( de tutti i tipi…), er rospo e la colomba… A proposito, anzi , de ‘sti urtimi due…:
“ Incuriosita de vede’ che c’era,
una colomba scese in un pantàno,
s’enzaccherò le penne e bbonasera…
Un rospo disse : ‘commarella mia,
vedo che puro te caschi ner fango…’.
‘Però nun ce rimango’, rispose la colomba,
e VOLO’ VIA.’ ”
Capìto l’antìfona dei miei versi? Era ‘ntitolata ‘La colomba’ de Trilussa… Fila er muvement!... Me vie’ da ride a vede’ er gesto della tua mano destra, come a dì ‘annate a ramengo’, ‘annate un po’ a quer ber paese!...’ E, poi, tanto pe’ parla’ ‘n po’ dei fatti tuoi, t’hanno rubato tarmente tante vorte er bastone de legno nero che ti avevano messo ne ‘a mano sinistra che se perde er conto, lazzaroni!... Tanto che te ne hanno dovuto rifa’ uno non più de legno, e verniciato de nero a imitazione dell’ebano…
MAURIZIO e MAURO: …Certo proprio belli so’ ‘sti versi de Trilussa. E mordaci, sempre co’ due o tre sensi… E poi il Belli, da parte sua, talvolta, era perfino sboccato, lui impiegato Pontificio modello, che, ogni tanto, però, non potèndone più, se doveva libera’ di tutte le porcherìe che ogni giorno je passavano sotto l’occhi. E ‘ngoia oggi ‘ngoia domani ecco quello che poteva accadere…
G. G. BELLI: “Le piasce, Eminentissimo, la mm**da”? Bella idea, questa mia, di apostrofare in una mia poesia che, ppe’ contrasto, ho intitolato Er Galateo Cristiano, un Cardinalone/Panzone o ‘Asciuttone e Smilzo ( ma più spesso ereno – e so’ – panzoni, ‘magna tu che magno Io, poi ce sarverà er buon Dio…’) de S. R. Chiesa con un da Lui meritatissimo epìteto che, in un solo verso, Te rimanna a ‘na sostanza che tutti ce accomuna? Ma ascorta ‘n po’
pe’ intero er mio sonétto!
“Er galateo cristiano”, composta er 5 de aprile der 1835 :
“Incontrai jermattina a Vvia Leccosa (strada di Roma nei pressi del porto di Ripetta in Campo Marzio, dove pare che il Tevere formasse anticamente gli stagni c.d. di Terento)
un Cardinale drento a un carrozzino,
che, ssi non fussi stato l’umbrellino,
lo pijjavi p’er leggno d’una sposa.
Ar vedemmelo llì, ppe ffà una cosa,
je vorzi dunque dedicà un inchino,
e mméssame la mano ar berettino
piegai er collo e ccaricai la dosa.
E acciò la conveggnenza nun ze sperda
in smorfie, ciaggiontai ccusì a la lesta:
‘Je piasce, Eminentissimo, la mmerda?’
Appena Su’ Eminenza se fu accorta
der comprimento mio, cacciò la testa
e mme fesce de sì ppiù d’una vorta.”
E che me voi di’, pe’ aggiunta, de st’ artri miei versi sulla mala creanza der Clero de Roma? Ci’à er medesimo titolo, ma quello che cambia è l’angolo dar quale guardo la tragica e morta realtà de ’sta povera Urbe ( Che Ce Vòle, Der Resto, a Ferilli ‘Sti Pori Romani, in una Città che Nun Vede Più Da tempo Raggi de Sole… ). Arméno ‘na vorta, a Roma, era solo er Clero che rompeva ( e m’HAI detto GNENTE!…), oggigiorno, ‘nvece, strarompono puro li – falsi – polìtici. Come se dice adesso? Diffòndono fake news… Dannazzione ! Che brutti li Tempi attuali!… :
“Una vorta, ar passà d’un Cardinale
In qualunque carrozza co’l’ombrello,
le gente s’affermaveno in du’ ale,
e ttutti je cacciaveno er cappello.
E Ssu’ Eminenza, ar vede quer zeggnale
de stima, s’affacciava a lo sportello,
e ssalutava co’ rispetto uguale
er granne e ‘r ciuco, er ricco e ‘r poverello.
Piano piano però li giacubbini,
nimmichi a morte de le bone usanze,
sò riusciti a levà ppuro st’ inchini.
Cos’è ssuccesso? In grazzia de ste panze
oggi er Zagro Colleggio è a li confini
de nun zapé ppiù un cazzo le creanze”.
Forte, eh?!!! Arméno l’arguzia (er pepe nero ‘n bocca…), be’, davéro, quella, lasciàtecela… Evviva! Ppe’ quarche aspetto se non artro, li tanto per artri motivi esecràti e esecràndi Giacubbini !!! E poi, ar posto de ‘sti miei Giacubbini, ognuno ce po’ mette er polìtico che je pare…
“ Incuriosita de vede’ che c’era,
una colomba scese in un pantàno,
s’enzaccherò le penne e bbonasera…
Un rospo disse : ‘commarella mia,
vedo che puro te caschi ner fango…’.
‘Però nun ce rimango’, rispose la colomba,
e VOLO’ VIA.’ ”
Capìto l’antìfona dei miei versi? Era ‘ntitolata ‘La colomba’ de Trilussa… Fila er muvement!... Me vie’ da ride a vede’ er gesto della tua mano destra, come a dì ‘annate a ramengo’, ‘annate un po’ a quer ber paese!...’ E, poi, tanto pe’ parla’ ‘n po’ dei fatti tuoi, t’hanno rubato tarmente tante vorte er bastone de legno nero che ti avevano messo ne ‘a mano sinistra che se perde er conto, lazzaroni!... Tanto che te ne hanno dovuto rifa’ uno non più de legno, e verniciato de nero a imitazione dell’ebano…
MAURIZIO e MAURO: …Certo proprio belli so’ ‘sti versi de Trilussa. E mordaci, sempre co’ due o tre sensi… E poi il Belli, da parte sua, talvolta, era perfino sboccato, lui impiegato Pontificio modello, che, ogni tanto, però, non potèndone più, se doveva libera’ di tutte le porcherìe che ogni giorno je passavano sotto l’occhi. E ‘ngoia oggi ‘ngoia domani ecco quello che poteva accadere…
G. G. BELLI: “Le piasce, Eminentissimo, la mm**da”? Bella idea, questa mia, di apostrofare in una mia poesia che, ppe’ contrasto, ho intitolato Er Galateo Cristiano, un Cardinalone/Panzone o ‘Asciuttone e Smilzo ( ma più spesso ereno – e so’ – panzoni, ‘magna tu che magno Io, poi ce sarverà er buon Dio…’) de S. R. Chiesa con un da Lui meritatissimo epìteto che, in un solo verso, Te rimanna a ‘na sostanza che tutti ce accomuna? Ma ascorta ‘n po’
pe’ intero er mio sonétto!
“Er galateo cristiano”, composta er 5 de aprile der 1835 :
“Incontrai jermattina a Vvia Leccosa (strada di Roma nei pressi del porto di Ripetta in Campo Marzio, dove pare che il Tevere formasse anticamente gli stagni c.d. di Terento)
un Cardinale drento a un carrozzino,
che, ssi non fussi stato l’umbrellino,
lo pijjavi p’er leggno d’una sposa.
Ar vedemmelo llì, ppe ffà una cosa,
je vorzi dunque dedicà un inchino,
e mméssame la mano ar berettino
piegai er collo e ccaricai la dosa.
E acciò la conveggnenza nun ze sperda
in smorfie, ciaggiontai ccusì a la lesta:
‘Je piasce, Eminentissimo, la mmerda?’
Appena Su’ Eminenza se fu accorta
der comprimento mio, cacciò la testa
e mme fesce de sì ppiù d’una vorta.”
E che me voi di’, pe’ aggiunta, de st’ artri miei versi sulla mala creanza der Clero de Roma? Ci’à er medesimo titolo, ma quello che cambia è l’angolo dar quale guardo la tragica e morta realtà de ’sta povera Urbe ( Che Ce Vòle, Der Resto, a Ferilli ‘Sti Pori Romani, in una Città che Nun Vede Più Da tempo Raggi de Sole… ). Arméno ‘na vorta, a Roma, era solo er Clero che rompeva ( e m’HAI detto GNENTE!…), oggigiorno, ‘nvece, strarompono puro li – falsi – polìtici. Come se dice adesso? Diffòndono fake news… Dannazzione ! Che brutti li Tempi attuali!… :
“Una vorta, ar passà d’un Cardinale
In qualunque carrozza co’l’ombrello,
le gente s’affermaveno in du’ ale,
e ttutti je cacciaveno er cappello.
E Ssu’ Eminenza, ar vede quer zeggnale
de stima, s’affacciava a lo sportello,
e ssalutava co’ rispetto uguale
er granne e ‘r ciuco, er ricco e ‘r poverello.
Piano piano però li giacubbini,
nimmichi a morte de le bone usanze,
sò riusciti a levà ppuro st’ inchini.
Cos’è ssuccesso? In grazzia de ste panze
oggi er Zagro Colleggio è a li confini
de nun zapé ppiù un cazzo le creanze”.
Forte, eh?!!! Arméno l’arguzia (er pepe nero ‘n bocca…), be’, davéro, quella, lasciàtecela… Evviva! Ppe’ quarche aspetto se non artro, li tanto per artri motivi esecràti e esecràndi Giacubbini !!! E poi, ar posto de ‘sti miei Giacubbini, ognuno ce po’ mette er polìtico che je pare…
TRILUSSA : “C’è un’Ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa”. . .
Nun me di’ che nun te piàcciono ‘sti poveri versi miei, sémprici sémprici… Certo che Io e Te sémo davéro davéro du’ potenze de la natura… Specie mo’ che semo statue, poi… E chi ce ferma e chi ciammazza… Ce devono spacca’ a sprangate! Li versi nàscheno spontanei, vedi se te piàceno questi che me so‘ venuti fori, così, spontanei e estemporanei nell’ ùrtimi cinque minuti… (in reartà so’ de un mio seguàce, M.M., vecchio scrittore che sta a prova’ a famme le scarpe…! E che da quarche tempo se sta a diverti’ a fa’ parla’ tra loro ’n po tutte le statue de Roma nostra) :
“ A guarda’ bene le sozzure umane,
me verebbe de latra’ come un gran cane,
a vede’ er monno anna’ tutto allo sfacèlo,
me verebbe da grida’ ‘Aprete Cielo’ !
Ma siccome so’ ‘n Poèta da strapazzo,
Te uccido ‘n versi, puro si sembro ‘n pazzo !
Ma dar momento che un Poèta è umano,
resto co’ un mazzo de gran mosche ‘n mano…”.
Questa nun la trovi nell’antologìe e nei libri. E’ nata sortanto du’ attimi fa… Robba der paese nostro… Tanto ppe’ canta’ , come diceva er mio contemporaneo Ettore Petrolini, un grande/grandissimo…
MAURO, a Maurizio: …Càspita, a Maurì’, ma come te vèngono. Forti ‘sti versi, e davvero Trilussiani…
MAURIZIO: …Certo che noi poèti, ma in specie noi due, insieme famo un gran ber casìno… Sarà la forza che ce dona ‘sta Città stella tra le stelle… Purtroppo oggi indicibilmente zzozza! A li morté !!!... Ma chi ci ammazza a noi, che pur de nun ‘sta zzitti, se semo inventati le STATUE PARLANTI der Terzo Millennio... Onore a Te, Mauro, che scatti bellissime foto a ‘sta gran Città…
G.G. BELLI: A Camillo, ma che stai sempre a Sindacà…?! Gnente - uno come Te creativo e ‘nteligente lo sa bbene - po’ rimane’ a ‘sto mondo eguale ar passato… E poi, ‘o sai che Te dico? Tutta ‘sta grande esartazione e tutto ‘sto poderoso rimpianto der passato, me sona un tantino, come Te ‘o dico? , reazionaria… S’è fatta ora, mo’ mo’, però, de separacce… Se sente pe’ Trastevere regina, un gran clangor de bottije e de vetri rotti… Saranno l’Ubbriaconi perdinotte e imbevuti de Coca…ina ( NON …’Cola’, magari!) che vanno girando a tempo perso a ‘e tre de notte… a fracassa’ ‘e palle a chi sta a dormi’, dovendo anna’ a lavora’ domattina presto. Noi no, noi, ormai, dato ssì che sémo statue, nun ce fanno più lavora’, ma, piuttosto, quarcuno ce se lavora… Fila sempre er muvement!... Ci ho ‘n po’ paura che qui finisce a botte… Arméno ‘na vorta qui era solo pieno de gatti ‘nnammoràti che gnaulàvano…
TRILUSSA: Qui Me sa che conviene che se separàmo, per quanto è consentito a ‘na statua, ce dovessimo pijaà’ ‘na cortellata… Monno pieno de matti… Saprèi ben Io – anche se so’ democratico, ma solo a corente arternata – come risorve ‘sti problemi de violenza gratuita… Magari a mazzate… a chi tocca tocca.
Ciao a Gioacchi’, bei momenti avemo passato ‘nsieme a… ( come dicono in Véneto? ), a ciacolàr. Ma nun me pare più che sai er tempo adatto!
G.G. BELLI : Ciao, grandissimo e argutissimo Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, pe’ quasi un secolo nun avemo potuto esse coetànei. Famo un bel brìndisi ideàle a ROMA nostra, “còre de ‘sta città”, che ce sta, ammutolita e ammaliata, a rimira’. Bonanotte. Già t’allontani cor tuo Vecchio Frak…
TRILUSSA: Un grandissimo, sincero saluto. Adieu. Adieu. Adieu, buonanotte…
MAURO e MAURIZIO:E me sa che mo’ se n’ annamo pure noi, che, sarvognuno, semo pur sempre due gran nottàmbuli… Be’, però le fotografie in notturna vèngono proprio bene!CIAO M! CIAO M! Maurizio MACALE
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa”. . .
Nun me di’ che nun te piàcciono ‘sti poveri versi miei, sémprici sémprici… Certo che Io e Te sémo davéro davéro du’ potenze de la natura… Specie mo’ che semo statue, poi… E chi ce ferma e chi ciammazza… Ce devono spacca’ a sprangate! Li versi nàscheno spontanei, vedi se te piàceno questi che me so‘ venuti fori, così, spontanei e estemporanei nell’ ùrtimi cinque minuti… (in reartà so’ de un mio seguàce, M.M., vecchio scrittore che sta a prova’ a famme le scarpe…! E che da quarche tempo se sta a diverti’ a fa’ parla’ tra loro ’n po tutte le statue de Roma nostra) :
“ A guarda’ bene le sozzure umane,
me verebbe de latra’ come un gran cane,
a vede’ er monno anna’ tutto allo sfacèlo,
me verebbe da grida’ ‘Aprete Cielo’ !
Ma siccome so’ ‘n Poèta da strapazzo,
Te uccido ‘n versi, puro si sembro ‘n pazzo !
Ma dar momento che un Poèta è umano,
resto co’ un mazzo de gran mosche ‘n mano…”.
Questa nun la trovi nell’antologìe e nei libri. E’ nata sortanto du’ attimi fa… Robba der paese nostro… Tanto ppe’ canta’ , come diceva er mio contemporaneo Ettore Petrolini, un grande/grandissimo…
MAURO, a Maurizio: …Càspita, a Maurì’, ma come te vèngono. Forti ‘sti versi, e davvero Trilussiani…
MAURIZIO: …Certo che noi poèti, ma in specie noi due, insieme famo un gran ber casìno… Sarà la forza che ce dona ‘sta Città stella tra le stelle… Purtroppo oggi indicibilmente zzozza! A li morté !!!... Ma chi ci ammazza a noi, che pur de nun ‘sta zzitti, se semo inventati le STATUE PARLANTI der Terzo Millennio... Onore a Te, Mauro, che scatti bellissime foto a ‘sta gran Città…
G.G. BELLI: A Camillo, ma che stai sempre a Sindacà…?! Gnente - uno come Te creativo e ‘nteligente lo sa bbene - po’ rimane’ a ‘sto mondo eguale ar passato… E poi, ‘o sai che Te dico? Tutta ‘sta grande esartazione e tutto ‘sto poderoso rimpianto der passato, me sona un tantino, come Te ‘o dico? , reazionaria… S’è fatta ora, mo’ mo’, però, de separacce… Se sente pe’ Trastevere regina, un gran clangor de bottije e de vetri rotti… Saranno l’Ubbriaconi perdinotte e imbevuti de Coca…ina ( NON …’Cola’, magari!) che vanno girando a tempo perso a ‘e tre de notte… a fracassa’ ‘e palle a chi sta a dormi’, dovendo anna’ a lavora’ domattina presto. Noi no, noi, ormai, dato ssì che sémo statue, nun ce fanno più lavora’, ma, piuttosto, quarcuno ce se lavora… Fila sempre er muvement!... Ci ho ‘n po’ paura che qui finisce a botte… Arméno ‘na vorta qui era solo pieno de gatti ‘nnammoràti che gnaulàvano…
TRILUSSA: Qui Me sa che conviene che se separàmo, per quanto è consentito a ‘na statua, ce dovessimo pijaà’ ‘na cortellata… Monno pieno de matti… Saprèi ben Io – anche se so’ democratico, ma solo a corente arternata – come risorve ‘sti problemi de violenza gratuita… Magari a mazzate… a chi tocca tocca.
Ciao a Gioacchi’, bei momenti avemo passato ‘nsieme a… ( come dicono in Véneto? ), a ciacolàr. Ma nun me pare più che sai er tempo adatto!
G.G. BELLI : Ciao, grandissimo e argutissimo Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, pe’ quasi un secolo nun avemo potuto esse coetànei. Famo un bel brìndisi ideàle a ROMA nostra, “còre de ‘sta città”, che ce sta, ammutolita e ammaliata, a rimira’. Bonanotte. Già t’allontani cor tuo Vecchio Frak…
TRILUSSA: Un grandissimo, sincero saluto. Adieu. Adieu. Adieu, buonanotte…
MAURO e MAURIZIO:E me sa che mo’ se n’ annamo pure noi, che, sarvognuno, semo pur sempre due gran nottàmbuli… Be’, però le fotografie in notturna vèngono proprio bene!CIAO M! CIAO M! Maurizio MACALE
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TRILUSSA: Qui Me sa che conviene che se separàmo, per quanto è consentito a ‘na statua, ce dovessimo pijaà’ ‘na cortellata… Monno pieno de matti… Saprèi ben Io – anche se so’ democratico, ma solo a corente arternata – come risorve ‘sti problemi de violenza gratuita… Magari a mazzate… a chi tocca tocca.
Ciao a Gioacchi’, bei momenti avemo passato ‘nsieme a… ( come dicono in Véneto? ), a ciacolàr. Ma nun me pare più che sai er tempo adatto! G.G. BELLI : Ciao, grandissimo e argutissimo Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, pe’ quasi un secolo nun avemo potuto esse coetànei. Famo un bel brìndisi ideàle a ROMA nostra, “còre de ‘sta città”, che ce sta, ammutolita e ammaliata, a rimira’. Bonanotte. Già t’allontani cor tuo Vecchio Frak… TRILUSSA: Un grandissimo, sincero saluto. Adieu. Adieu. Adieu, buonanotte… MAURO e MAURIZIO:E me sa che mo’ se n’ annamo pure noi, che, sarvognuno, semo pur sempre due gran nottàmbuli… Be’, però le fotografie in notturna vèngono proprio bene! CIAO M! CIAO M! Maurizio MACALE |