La magnifica Basilica di San Clemente papa e la PIRAMIDE di GAIO CESTIO EPULONE in Roma Ostiense
(IL SIGNIFICATO TRASCENDENTE DELLA CREATIVITA’)
di Maurizio Macale
A Mauro Navarra. Con affetto e vicinanza…
“…Cercare l’UNO al di sopra del Bene e del Male,//
essere un’ Immagine Divina di questa Realtà.”
(Franco Battiato , E TI vengo a cercare ).
“E invece avrei bisogno di àttimi di Silenzio…”.
( Franco Battiato , Un’altra Vita ).
“Da mihi ubi consistam et Terram Coelumque movebo…”.
(Archimède il Pitagorico)
Non sembrerebbe - se un viaggiatore innamorato di ROMA, aprendo gli occhi ben chiusi, non si pone a guardare acutamente e ad osservare con attenzione le cose di questa Città unica al Mondo e della sua ben strana gente - che ci troviamo, nella nostra Vita di tutti i giorni, apparentemente eterodiretta, sotto il tallone di Qualcosa o di…Qualcuno…che sembra impedirci, vuoi per un transeunte motivo, vuoi per un altro, di alzare il capo dalla trita e onnipervadente quotidianità che tutto ottunde con la sua piattezza. E ci sviàmo dall’attìngere ciò che è in Alto e che ci ‘salverebbe’ quantomeno dall’incessante divenìre quotidiano, nella cieca ricerca di quel dannatissimo… colpevole (?) Qualcuno.
E’del resto come con-naturato alla persona umana il dover/voler sempre e ad ogni costo attribuire a Qualcuno/Qualcosa la colpa di tutti i nostri sviamenti, inciampi e guai individuali e collettivi, anche allorché sono da noi medesimi ’premeditati’…
Così, a ben guardare e a voler ampiamente spalancare finalmente questi occhi stupìti, la Città di ROMA andrebbe visitata, per così dire, in Verticale (non in elevazione dal terreno, comunque, ma dai suoi numerosissimi sotterranei in su…) , tante sono le sue – infinite? – stratificazioni sulle quali – a datare dalla mìtica Fondazione nel 753 a. Cr. l’URBE si è venuta edificando… Appunto, detta situazione assai singolare non era sfuggita a viaggiatori Sette/Ottocenteschi, quali W. Goethe e Gustave Flaubert, ed altri che, nei loro interessanti e meravigliati resoconti di viaggio, parlàvano proprio di una città la cui esistenza è venuta su dal basso, quasi con-crescendo su se stessa, di volta in volta venendo abbattuta, poi ri-Creata e ri-edificata, sulle proprie stratificate rovine precedenti… CHE DIRE? Il tutto è molto suggestivo: come quando ci caliamo nel fondo di catacombe o di antichìssime cisterne o di antichi santuari del dio Mithra : lì ci attende una pluri-stratificazione che, in qualche modo ci fa comprendere di cosa stiamo parlando…
Una per tutte vale la pena menzionare: l’antico complesso Basilicale di San Clemente, sullo ‘stradone’ (Via) di San Giovanni, nella Valle tra l’Esquilino e il Celio, tra il Colosseo e la Basilica Patriarcale di San Giovanni in Laterano: detto complesso presenta non meno di tre/quattro strati fondativi ed accrescitìvi tutti uno più importante dell’altro: partendo dal primo strato di fondazione di un Mitreo (santuario del Dio di origine persiana Mithra, il cui culto venne recato in Roma dai soldati in ritorno dalle missioni militari all’estero) del secondo quarto del III secolo d. Cr., successivamente, nel corso del IV secolo l'aula venne trasformata nella basilica c.d. inferiore di S. Clemente, ancora oggi visitàbile, creando nel Mitreo un' abside, il tutto relativo alla memoria di San Clemente Papa (sarebbe la più antica basilica cristiana a tre navate conservàtasi ). Al di sotto della prima basilica ed anche al suo livello vi sono testimonianze archeològiche romane, coincidenti con l'edificio più antico del periodo del famoso incendio Neroniano dell’anno 64 d.C. Si trattava probabilmente di un edificio pubblico, che si presenta come un fabbricato a pianta rettangolare, a sua volta suddiviso in ambienti con muri eretti in opus reticulatum ( cioè in trama dei mattoni ‘intrecciata a rete’ ) e con volte a botte. E’ sulle rovine, poi, della primitiva Basìlica che venne edificata la seconda, nel 1099, al tempo di Papa Pasquale II, successivamente rinnovata dal Papa Clemente XI che ne incaricò Carlo Stefano Fontana tra il 1713 e il 1719. Nelle navate di quest’ultima si possono ammirare, tra l‘altro, vari affreschi di scene di vita e di miràcoli di San Clemente : in uno degli affreschi è riportato uno dei primi esempi di lingua ‘volgare’ Italiana, una sorta di ‘fumetto’ storico dell’antichità, riportante quattro battute di un diàlogo, di cui il più celebre è : ” Fili de le Pute, traìte!...”. La frase viene pronunciata all’ indirizzo dei suoi uomini dal praefectus Sisinnio, per spronarli a sollevare la sempre più pesante colonna in cui si era – miracolosamente – trasformato Clemente mentre tentavano di portarlo via e di cacciarlo dalla casa del detto patrizio Sisinnio, dove Clemente si era recato per guarirlo… Vai a far del bene ai pòrci…!
Al momento attuale la Basilica di San Clemente ha un muro perimetrale nel quale si apre l'ingresso principale con un portico, su via San Giovanni in Laterano: il portale è ornato da una cornice marmorea con motivi floreali intrecciati. Sui muri esterni della chiesa sono inseriti frammenti marmorei recuperati con provenienza dalla basilica inferiore o dai su menzionati fabbricati romani. Oltrepassato l'ingresso, ci si trova in un cortile del XII secolo, avente un quadriportico a colonne ioniche munite di architrave, alcune delle quali realizzate dal detto Fontana per il prònao della facciata. Detta facciata presenta due ordini separati da un c.d. marcapiano, ed è segnata da paraste corinzie nella parte superiore, ai lati del finestrone centrale, venendo, infine, completata, da due volùte come raccordo e dal relativo tìmpano. Sul fianco sinistro abbiamo un campanile risalente al XVIII secolo, al centro del cortile una fontana a forma di vasca a pianta ottagonale (un antico bacino per battezzare?). L’interno presenta, accanto a bellissimi mosàici nel catino absidàle del 1100, altresì affreschi, statue - e téle – che attraversano parecchi secoli: 1400, 1500, 1600 ,1700, 1800 ecc…
La suggestione offerta dall’intero complesso Clementino è veramente grande. Si richiama in ogni caso l’attenzione sulla singolarità del bellissimo Mitreo, denso di suggestioni di varia natura e consistenza, anche ambientale. Il silenzio domina sovrano, interrotto soltanto da un lieve incessante scorrere di un corso d’acqua sotterraneo (i Mitrei erano di preferenza costruiti – quasi sempre sotterranei – sopra dei corsi d’acqua…). Poi il significato della ‘spelunca’, la ‘grotta’: Mithra, divinità Indo-irànica legata senz’altro alla fertilità ma soprattutto al Patto che viene stipulato tra gli uomini e Dio e al Dio intéso come garante dei patti tra gli uomini in generale, viene sempre raffigurato in statua ovvero in pittura nelle viscere della terra, mentre sacrìfica il Toro (simbolismo tanto celeste quanto ctònio…), con abbondante presenza di sìmboli animali, il cane, lo scorpione, il serpente… Poi, i gradi del Cammino Iniziàtico legato ai ‘Mysteria Mithrae’ erano SETTE, numero altamente simbòlico ed esoterico anche dal punto di vista Astrale e Còsmico… Il tutto viene reso ancora più avvincente dalla circostanza della vicinanza tra Mithra e Kristo: se il mondo antico non fosse diventato Christiano, ebbe a dire un grande scrittore cattòlico, sarebbe senz’altro diventato Mithràico: entrambe le Divinità nascono, nell’ordine: a. da una Vergine; b. in una caverna/grotta; c. il 25 dicembre o, in ogni caso, al Solstizio d’Inverno; d. nella vicinanza di fonti d’acqua (il battésimo…); e. c’è la presenza di un sacrificio; f. entrambe le religioni presèntano importanti riferimenti al Cosmo, alle sue Costellazioni ed ai suoi cicli; e molto altro… Un luogo, in definitiva, da non perdere assolutamente: va visitato, insieme al resto del magnifico complesso Basilicale, per le suggestioni a fior di pelle che è in grado di donare a chiunque si avvicini ad esso con un senso di stupore e di quiete interiore…
(IL SIGNIFICATO TRASCENDENTE DELLA CREATIVITA’)
di Maurizio Macale
A Mauro Navarra. Con affetto e vicinanza…
“…Cercare l’UNO al di sopra del Bene e del Male,//
essere un’ Immagine Divina di questa Realtà.”
(Franco Battiato , E TI vengo a cercare ).
“E invece avrei bisogno di àttimi di Silenzio…”.
( Franco Battiato , Un’altra Vita ).
“Da mihi ubi consistam et Terram Coelumque movebo…”.
(Archimède il Pitagorico)
Non sembrerebbe - se un viaggiatore innamorato di ROMA, aprendo gli occhi ben chiusi, non si pone a guardare acutamente e ad osservare con attenzione le cose di questa Città unica al Mondo e della sua ben strana gente - che ci troviamo, nella nostra Vita di tutti i giorni, apparentemente eterodiretta, sotto il tallone di Qualcosa o di…Qualcuno…che sembra impedirci, vuoi per un transeunte motivo, vuoi per un altro, di alzare il capo dalla trita e onnipervadente quotidianità che tutto ottunde con la sua piattezza. E ci sviàmo dall’attìngere ciò che è in Alto e che ci ‘salverebbe’ quantomeno dall’incessante divenìre quotidiano, nella cieca ricerca di quel dannatissimo… colpevole (?) Qualcuno.
E’del resto come con-naturato alla persona umana il dover/voler sempre e ad ogni costo attribuire a Qualcuno/Qualcosa la colpa di tutti i nostri sviamenti, inciampi e guai individuali e collettivi, anche allorché sono da noi medesimi ’premeditati’…
Così, a ben guardare e a voler ampiamente spalancare finalmente questi occhi stupìti, la Città di ROMA andrebbe visitata, per così dire, in Verticale (non in elevazione dal terreno, comunque, ma dai suoi numerosissimi sotterranei in su…) , tante sono le sue – infinite? – stratificazioni sulle quali – a datare dalla mìtica Fondazione nel 753 a. Cr. l’URBE si è venuta edificando… Appunto, detta situazione assai singolare non era sfuggita a viaggiatori Sette/Ottocenteschi, quali W. Goethe e Gustave Flaubert, ed altri che, nei loro interessanti e meravigliati resoconti di viaggio, parlàvano proprio di una città la cui esistenza è venuta su dal basso, quasi con-crescendo su se stessa, di volta in volta venendo abbattuta, poi ri-Creata e ri-edificata, sulle proprie stratificate rovine precedenti… CHE DIRE? Il tutto è molto suggestivo: come quando ci caliamo nel fondo di catacombe o di antichìssime cisterne o di antichi santuari del dio Mithra : lì ci attende una pluri-stratificazione che, in qualche modo ci fa comprendere di cosa stiamo parlando…
Una per tutte vale la pena menzionare: l’antico complesso Basilicale di San Clemente, sullo ‘stradone’ (Via) di San Giovanni, nella Valle tra l’Esquilino e il Celio, tra il Colosseo e la Basilica Patriarcale di San Giovanni in Laterano: detto complesso presenta non meno di tre/quattro strati fondativi ed accrescitìvi tutti uno più importante dell’altro: partendo dal primo strato di fondazione di un Mitreo (santuario del Dio di origine persiana Mithra, il cui culto venne recato in Roma dai soldati in ritorno dalle missioni militari all’estero) del secondo quarto del III secolo d. Cr., successivamente, nel corso del IV secolo l'aula venne trasformata nella basilica c.d. inferiore di S. Clemente, ancora oggi visitàbile, creando nel Mitreo un' abside, il tutto relativo alla memoria di San Clemente Papa (sarebbe la più antica basilica cristiana a tre navate conservàtasi ). Al di sotto della prima basilica ed anche al suo livello vi sono testimonianze archeològiche romane, coincidenti con l'edificio più antico del periodo del famoso incendio Neroniano dell’anno 64 d.C. Si trattava probabilmente di un edificio pubblico, che si presenta come un fabbricato a pianta rettangolare, a sua volta suddiviso in ambienti con muri eretti in opus reticulatum ( cioè in trama dei mattoni ‘intrecciata a rete’ ) e con volte a botte. E’ sulle rovine, poi, della primitiva Basìlica che venne edificata la seconda, nel 1099, al tempo di Papa Pasquale II, successivamente rinnovata dal Papa Clemente XI che ne incaricò Carlo Stefano Fontana tra il 1713 e il 1719. Nelle navate di quest’ultima si possono ammirare, tra l‘altro, vari affreschi di scene di vita e di miràcoli di San Clemente : in uno degli affreschi è riportato uno dei primi esempi di lingua ‘volgare’ Italiana, una sorta di ‘fumetto’ storico dell’antichità, riportante quattro battute di un diàlogo, di cui il più celebre è : ” Fili de le Pute, traìte!...”. La frase viene pronunciata all’ indirizzo dei suoi uomini dal praefectus Sisinnio, per spronarli a sollevare la sempre più pesante colonna in cui si era – miracolosamente – trasformato Clemente mentre tentavano di portarlo via e di cacciarlo dalla casa del detto patrizio Sisinnio, dove Clemente si era recato per guarirlo… Vai a far del bene ai pòrci…!
Al momento attuale la Basilica di San Clemente ha un muro perimetrale nel quale si apre l'ingresso principale con un portico, su via San Giovanni in Laterano: il portale è ornato da una cornice marmorea con motivi floreali intrecciati. Sui muri esterni della chiesa sono inseriti frammenti marmorei recuperati con provenienza dalla basilica inferiore o dai su menzionati fabbricati romani. Oltrepassato l'ingresso, ci si trova in un cortile del XII secolo, avente un quadriportico a colonne ioniche munite di architrave, alcune delle quali realizzate dal detto Fontana per il prònao della facciata. Detta facciata presenta due ordini separati da un c.d. marcapiano, ed è segnata da paraste corinzie nella parte superiore, ai lati del finestrone centrale, venendo, infine, completata, da due volùte come raccordo e dal relativo tìmpano. Sul fianco sinistro abbiamo un campanile risalente al XVIII secolo, al centro del cortile una fontana a forma di vasca a pianta ottagonale (un antico bacino per battezzare?). L’interno presenta, accanto a bellissimi mosàici nel catino absidàle del 1100, altresì affreschi, statue - e téle – che attraversano parecchi secoli: 1400, 1500, 1600 ,1700, 1800 ecc…
La suggestione offerta dall’intero complesso Clementino è veramente grande. Si richiama in ogni caso l’attenzione sulla singolarità del bellissimo Mitreo, denso di suggestioni di varia natura e consistenza, anche ambientale. Il silenzio domina sovrano, interrotto soltanto da un lieve incessante scorrere di un corso d’acqua sotterraneo (i Mitrei erano di preferenza costruiti – quasi sempre sotterranei – sopra dei corsi d’acqua…). Poi il significato della ‘spelunca’, la ‘grotta’: Mithra, divinità Indo-irànica legata senz’altro alla fertilità ma soprattutto al Patto che viene stipulato tra gli uomini e Dio e al Dio intéso come garante dei patti tra gli uomini in generale, viene sempre raffigurato in statua ovvero in pittura nelle viscere della terra, mentre sacrìfica il Toro (simbolismo tanto celeste quanto ctònio…), con abbondante presenza di sìmboli animali, il cane, lo scorpione, il serpente… Poi, i gradi del Cammino Iniziàtico legato ai ‘Mysteria Mithrae’ erano SETTE, numero altamente simbòlico ed esoterico anche dal punto di vista Astrale e Còsmico… Il tutto viene reso ancora più avvincente dalla circostanza della vicinanza tra Mithra e Kristo: se il mondo antico non fosse diventato Christiano, ebbe a dire un grande scrittore cattòlico, sarebbe senz’altro diventato Mithràico: entrambe le Divinità nascono, nell’ordine: a. da una Vergine; b. in una caverna/grotta; c. il 25 dicembre o, in ogni caso, al Solstizio d’Inverno; d. nella vicinanza di fonti d’acqua (il battésimo…); e. c’è la presenza di un sacrificio; f. entrambe le religioni presèntano importanti riferimenti al Cosmo, alle sue Costellazioni ed ai suoi cicli; e molto altro… Un luogo, in definitiva, da non perdere assolutamente: va visitato, insieme al resto del magnifico complesso Basilicale, per le suggestioni a fior di pelle che è in grado di donare a chiunque si avvicini ad esso con un senso di stupore e di quiete interiore…
La Piràmide di Gaio Cestio Epulone
Ma, ecco che continuando, in piena ed integrale aderenza alla meraviglia del ’verticale’, c’è un elemento, ancora, che testimonia dell’amore – artistico ed esotèrico – che a ROMA si tributava al mondo Egizio Antico ( fatto di obelischi, innanzitutto, ben 18 a Roma !...): Roma è la città che conserva il maggior numero di obelischi al mondo. Roma possedeva anche un obelisco axumita, non egizio, l'obelisco etiòpico di Axum, che è stato restituito all'Etiopia nel 2005…
La prossima mèta di vìsita nell’URBE è costituita dalla Piràmide sepolcrale di Caio ( o Gaio) Cestio, l’Epulone, addetto cioè all’ allestimento dei banchetti Sacri ed ufficiali nella Roma tardo repubblicana e di inizio Età Imperiale/Augustea ( una vera e propria càrica istituzionale statàle nella Urbs Antìca…), detta Piràmide Cestia (o Piràmide di Caio Cestio, Sepulcrum Cestii in lingua latina), una piràmide in perfetta e totale aderenza allo stile Egizio-Antìco, posta nelle vicinanze di Porta San Paolo (Ostiense) ed accanto alla quale sorge altresì il suggestivo Cimitero c.d. acattolico ( “ Una mescolanza di lacrime e di sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo aperto e luminoso, che ci dona l'impressione di poter vòlgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba “, per dirla con le belle parole del prolìfico Ottocentesco scrittore Anglo/Americano Henry James). La costruzione della Piràmide fu completata nel 12 avanti Cristo.
E’ caratteristico il fatto che, proprio come avvenne per la Grecia ( “Graecia capta ferum Victorem cepit” ), analogamente il conquistato mondo Egizio (ad Actium, dove i Romani vinsero nel 31 a.Cr.) riconquistò, culturalmente, a sua volta, la civiltà di Roma, che presenta, come appena accennato, molti e vari tributi artìstici al mondo dell’Egitto della Tradizione. Con la sua altezza di 36, 40 metri su una base quadrata di circa 30 metri di lato, la piramide di Caio Cestio non presenta, purtroppo, le ‘sacre’ misure della mìtica Piramide di Chèope (Khuphu), dimensioni considerate ‘magiche’ e particolari da parecchi studiosi – ufficiali e non ufficiali – in quanto legàte a misure cosmiche e celesti (di essa, tra l’altro, non si riesce tuttora a capire se fosse stata concepita come effettiva ‘tomba’ del Faraone Kheope o per rispondere a chissà quale altra funzione…). Se si opera una comparazione della forma della Piramide Cestiana con le famosissime ‘singolàri’ Piramidi di Giza si può evidenziare che la particolare resistenza strutturale del calcestruzzo della prima ha consentito di costruire la piramide di Cestio facèndole raggiungere al vèrtice un angolo molto più acuto delle appena menzionate dell ' Egitto. La forma più slanciata ed acuta ha consentito alla Piramide Cestia di raggiungere un'altezza maggiore impiegando la medesima quantità di materiale da costruzione…
La Piràmide di Gaio Cestio fu costruita in soli 330 giorni (!), e forse anche in meno tempo ancora, in un periodo compreso tra il 18 ed il 12 a.Cr., effettivamente come tomba: Gaio Cestio Epulone, era, si è sopra accennato, un membro dei cosiddetti septèmviri epulones, una càrica di particolare importanza in Roma (uno dei quattro più importanti collegi religiosi della Roma antica, insieme a quelli dei pontefici, degli àuguri e dei quindecèmviri; il collegio dei ‘septèmviri epulones’ fu creato nel 196 a.Cr. con l’ incarico di prendersi cura della preparazione e celebrazione del c.d. ‘Epulum Iovis’, il rituale e fondamentale banchetto/sacrificio a Giove).
La piràmide Cestiana è costruìta in calcestruzzo, con una cortina di mattoni, e venne coperta con lastre di marmo di Carrara; essa si eleva al di sopra di una piattaforma di c.d. ‘cementizio’.
Gaio Cestio, del quale nella Roma del suo tempo erano noti i gusti orientalizzanti, dispose espressamente nel suo testamento che gli eredi gli innalzassero il sepolcro piramidale entro il su menzionato brevissimo termine di tempo, pena la perdita della ricca eredità, come ricorda l'iscrizione scolpita sul fianco orientale del monumento che viene riportata nella sua interezza più sotto. Gli eredi si affrettarono ad eseguire la disposizione testamentaria, tanto che, sembra, avessero completato la costruzione della piramide con qualche giorno di anticipo ( vèdasi al riguardo l’interessante volume di Willy Pocino, Le curiosità di Roma, Roma, Newton Compton, 2009 ).
All'interno di questo grosso accùmulo di calcestruzzo si trova una unica camera sepolcrale, di base 5, 95 mt per 4, 10 mt, e di altezza di 4, 80 metri, la cui cubatura costituisce soltanto poco più dell'1% (!) del volume complessivo del monumento. Su entrambi i lati, guardanti verso oriente e verso occidente, ad altezza intorno a tre metri da terra, è incisa sul rivestimento l'iscrizione riportante il nome ed i tìtoli di Gaio Cestio; sul solo lato orientale, a circa un metro e mezzo da terra, sono, invece, descritte le circostanze e le condizioni della costruzione del monumento: “OPVS · APSOLVTVM · EX · TESTAMENTO · DIEBVS · CCC * XXX ARBITRATV L · PONTI · Publii · Filii · CLAUDIA tribu · MELAE · HEREDIS · ET · POTHI · Liberti ”, che, tradotto, vuol dire: “ Quest'opera è stata completata, per testamento, in 330 giorni, come da disposizione di Lucio Ponzio Mela, il figlio di Publio della tribù Claudia, erede, e del libèrto Potho ”. (CIL VI, 1374) .
Ma, ecco che continuando, in piena ed integrale aderenza alla meraviglia del ’verticale’, c’è un elemento, ancora, che testimonia dell’amore – artistico ed esotèrico – che a ROMA si tributava al mondo Egizio Antico ( fatto di obelischi, innanzitutto, ben 18 a Roma !...): Roma è la città che conserva il maggior numero di obelischi al mondo. Roma possedeva anche un obelisco axumita, non egizio, l'obelisco etiòpico di Axum, che è stato restituito all'Etiopia nel 2005…
La prossima mèta di vìsita nell’URBE è costituita dalla Piràmide sepolcrale di Caio ( o Gaio) Cestio, l’Epulone, addetto cioè all’ allestimento dei banchetti Sacri ed ufficiali nella Roma tardo repubblicana e di inizio Età Imperiale/Augustea ( una vera e propria càrica istituzionale statàle nella Urbs Antìca…), detta Piràmide Cestia (o Piràmide di Caio Cestio, Sepulcrum Cestii in lingua latina), una piràmide in perfetta e totale aderenza allo stile Egizio-Antìco, posta nelle vicinanze di Porta San Paolo (Ostiense) ed accanto alla quale sorge altresì il suggestivo Cimitero c.d. acattolico ( “ Una mescolanza di lacrime e di sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo aperto e luminoso, che ci dona l'impressione di poter vòlgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba “, per dirla con le belle parole del prolìfico Ottocentesco scrittore Anglo/Americano Henry James). La costruzione della Piràmide fu completata nel 12 avanti Cristo.
E’ caratteristico il fatto che, proprio come avvenne per la Grecia ( “Graecia capta ferum Victorem cepit” ), analogamente il conquistato mondo Egizio (ad Actium, dove i Romani vinsero nel 31 a.Cr.) riconquistò, culturalmente, a sua volta, la civiltà di Roma, che presenta, come appena accennato, molti e vari tributi artìstici al mondo dell’Egitto della Tradizione. Con la sua altezza di 36, 40 metri su una base quadrata di circa 30 metri di lato, la piramide di Caio Cestio non presenta, purtroppo, le ‘sacre’ misure della mìtica Piramide di Chèope (Khuphu), dimensioni considerate ‘magiche’ e particolari da parecchi studiosi – ufficiali e non ufficiali – in quanto legàte a misure cosmiche e celesti (di essa, tra l’altro, non si riesce tuttora a capire se fosse stata concepita come effettiva ‘tomba’ del Faraone Kheope o per rispondere a chissà quale altra funzione…). Se si opera una comparazione della forma della Piramide Cestiana con le famosissime ‘singolàri’ Piramidi di Giza si può evidenziare che la particolare resistenza strutturale del calcestruzzo della prima ha consentito di costruire la piramide di Cestio facèndole raggiungere al vèrtice un angolo molto più acuto delle appena menzionate dell ' Egitto. La forma più slanciata ed acuta ha consentito alla Piramide Cestia di raggiungere un'altezza maggiore impiegando la medesima quantità di materiale da costruzione…
La Piràmide di Gaio Cestio fu costruita in soli 330 giorni (!), e forse anche in meno tempo ancora, in un periodo compreso tra il 18 ed il 12 a.Cr., effettivamente come tomba: Gaio Cestio Epulone, era, si è sopra accennato, un membro dei cosiddetti septèmviri epulones, una càrica di particolare importanza in Roma (uno dei quattro più importanti collegi religiosi della Roma antica, insieme a quelli dei pontefici, degli àuguri e dei quindecèmviri; il collegio dei ‘septèmviri epulones’ fu creato nel 196 a.Cr. con l’ incarico di prendersi cura della preparazione e celebrazione del c.d. ‘Epulum Iovis’, il rituale e fondamentale banchetto/sacrificio a Giove).
La piràmide Cestiana è costruìta in calcestruzzo, con una cortina di mattoni, e venne coperta con lastre di marmo di Carrara; essa si eleva al di sopra di una piattaforma di c.d. ‘cementizio’.
Gaio Cestio, del quale nella Roma del suo tempo erano noti i gusti orientalizzanti, dispose espressamente nel suo testamento che gli eredi gli innalzassero il sepolcro piramidale entro il su menzionato brevissimo termine di tempo, pena la perdita della ricca eredità, come ricorda l'iscrizione scolpita sul fianco orientale del monumento che viene riportata nella sua interezza più sotto. Gli eredi si affrettarono ad eseguire la disposizione testamentaria, tanto che, sembra, avessero completato la costruzione della piramide con qualche giorno di anticipo ( vèdasi al riguardo l’interessante volume di Willy Pocino, Le curiosità di Roma, Roma, Newton Compton, 2009 ).
All'interno di questo grosso accùmulo di calcestruzzo si trova una unica camera sepolcrale, di base 5, 95 mt per 4, 10 mt, e di altezza di 4, 80 metri, la cui cubatura costituisce soltanto poco più dell'1% (!) del volume complessivo del monumento. Su entrambi i lati, guardanti verso oriente e verso occidente, ad altezza intorno a tre metri da terra, è incisa sul rivestimento l'iscrizione riportante il nome ed i tìtoli di Gaio Cestio; sul solo lato orientale, a circa un metro e mezzo da terra, sono, invece, descritte le circostanze e le condizioni della costruzione del monumento: “OPVS · APSOLVTVM · EX · TESTAMENTO · DIEBVS · CCC * XXX ARBITRATV L · PONTI · Publii · Filii · CLAUDIA tribu · MELAE · HEREDIS · ET · POTHI · Liberti ”, che, tradotto, vuol dire: “ Quest'opera è stata completata, per testamento, in 330 giorni, come da disposizione di Lucio Ponzio Mela, il figlio di Publio della tribù Claudia, erede, e del libèrto Potho ”. (CIL VI, 1374) .
Originariamente detto monumento era posto totalmente lungo la Via Ostiense : era circondato da una recinzione in blocchi di tufo, oggi soltanto parzialmente visìbili, munìta di quattro colonne agli angoli (di dette colonne risultano essere state rialzate quelle dal solo lato opposto rispetto all' Ostiense) e recando 2 statue del defunto Cestio ai lati della porta.
Della camera sepolcrale, realizzata mediante la cosiddetta volta a botte, originariamente murata al momento della sepoltura, proprio come nelle piramidi Egizie, va precisato che è dipinta di bianco, con sottili cornici e figure decorative, raffiguranti alcune sacerdotesse, e con ànfore alle pareti, poi vi sono quattro figure di ‘Nike’ (Vittoria) alata sulla volta, in perfetto stile pittorico ‘pompeiano’. Detta camera risulta relativamente ben mantenuta, e sulla parete di fondo, dove doveva esserci il ritratto del defunto, ora appare un buco, che venne con tutta evidenza praticato da scavatori clandestini alla ricerca di chissà quali tesori. Tra l’altro, a tutt’oggi si vocìfera di chissà quali prodìgi e meraviglie siano stati nascosti nella tomba, al punto che già dal Settecento, la Piràmide e la sua càmera sepolcrale sono state fatte di tanto in tanto oggetto di numerose inopinate visite organizzate tanto da parte di ladri quanto di Esoteristi incuriositi, alla ricerca di chissà quali misteri scomparsi. Anche oggi detta attività clandestina non sembra essere del tutto cessata… Anche se non pare essere stato rinvenuto – da un punto di vista clandestino, naturalmente – alcunché né di economicamente prezioso né di particolarmente strano…
Un po’ di Storia… Una curiosità : in una dedica di una statua in bronzo del defunto G. Cestio, che era posta a lato della porta (statua di grandezza maggiore del naturale, per quanto si può dedurre dalle parti rimaste attaccate al piedistallo), si legge che detta statua si poté realizzare economicamente solo grazie alla vendita delle ricche stoffe orientali tutte intessute d'oro (attàlica) che Cestio avrebbe voluto portarsi nella tomba, giusto alla maniera delle sepolture degli Egizi. Una puntuale disposizione degli Aèdiles, magistratura Romana preposta alle costruzioni, la quale vietava gli sprechi e le esibizioni inutili di ricchezza (come impedì agli eredi di Gaio Cestio di seppellire gli arazzi nella Piramide), risulta datata al 18 a. Cr. La data di costruzione del monumento deve, quindi, alla luce di dette notizie, situarsi dopo il 18 a.C. ma prima del 12 a. Cr.
La piramide di Cestio venne nel III secolo incorporata nelle consistenti Mura Aureliane: di esse venne in tal modo a costituire un bastione. L’attuale varco di accesso ufficiale corrisponde ad una ‘postèrula’ ( piccola porta posteriore, di secondaria importanza…) , la quale immetteva su di una strada secondaria (di essa è visìbile a tutt’oggi il relativo basolato), verso l ' emporio sul Tevere. Grazie a detta posizione, la Tomba si salvò da tutte quelle ‘spoliazioni’ che, come inevitabile disgrazia, caratterizzarono nel corso dei secoli pressoché tutti i marmi usati come rivestimenti marmòrei degli antichi monumenti.
Durante il Medioevo, si credeva a livello popolare che la Piramide fosse la c.d. meta Remi, collegandola con un'altra contemporanea piramide simile, nota invece come meta Romuli, che esisteva fino al 1499 nel rione Borgo, presente nella ‘Pianta della città di Roma’, risalente all’anno 1474, di Alessandro Strozzi. Detta meta Romuli venne, poi, demolita nel corso del 1500 dal Papa Alessandro VI Borgia, a motivo dell ' apertura della nuova strada di ‘Borgo Nuovo’. Il grande Poeta ed Umanista trecentesco Francesco Petrarca, esperto latinista, in una sua Epìstola denota la Piramide Cestia con la indicazione di ‘sepolcro di Remo’. Infine, l’Umanista Poggio Bracciolini, al fine di spiegare l'errore di Petrarca, afferma che in detto errore egli era incappato a motivo della circostanza di “non avere il grande uomo voluto scoprire l'iscrizione coperta dagli arbusti“.
A parte la sua forma, altresì a motivo del suo riferimento, mai assolutamente provàto, alle origini della Fondazione di Roma, la Piramide di G. Cestio fu costante oggetto di stupìta ammirazione da parte dei viaggiatori che giungèvano a Roma, in particolare nel Seicento e nel Settecento, sècolo del c.d ‘Grand Tour’ ( i ricchi rampolli dell’epoca trascorrevano diverso tempo in visita educativa pressoché obbligatoria alle Bellezze di Roma ), e godette, in ogni caso, di onniperdurante attenzione da parte dell' amministrazione pontificia e Vaticana. Su impulso di papa Alessandro VII Chigi, che di ciò ordinò di incidere memoria sulla facciata, vennero nel 1663 iniziati alcuni scavi : nella parte esterna del Monumento vennero ritrovate le basi di due statue, entrambe dedicate a G. Cestio. Venne altresì scavata un'apertura nella piramide, in tal modo facilitando la scoperta della càmera sepolcrale. Essa fu trovata vuota e visitata da ‘tombaroli’, già in secoli evidentemente vari. Non ebbe, poi, mai séguito un progetto stilàto dal geniale architetto svizzero/Ticinese Francesco Borromìni inteso a trasformare la cella funeraria in una chiesa…
Ancora verso il 1870 ( l’anno della liberatoria Breccia di Porta Pia…) risulta che la Piramide Cestia fosse oggetto di manutenzione a fini conservativi: vi sarebbe, tra l’altro, stato installato sulla cima il primo parafulmine storico romano, che è tuttora il medesimo di allora. Secondo altri, invece, il primo parafulmine in Roma, approntato dal monaco Giovanni Battista Beccaria, studioso di matemàtica e di fisica, venne installato sul Quirinale nel 1770 circa, laddove soltanto dal 1859 al 1864, sarebbe stato installato il parafulmine sulla Piramide Cestiana, se si deve dar retta ad una relazione pubblicata nel 1864, riassumente una lista di lavori pubblici Romani relativi a detto quinquennio 1859-‘64, a firma Pier Domènico Costantini Baldini, Ministro, visto che in quel medesimo perìodo la Piràmide era appena stata fragorosamente colpìta da un potente e devastante fulmine: esso, abbattèndone cima e rivestimento marmoreo, la aveva lasciata brutalmente mozza…
Infine, va detto per completezza artìstico/urbanistica, che, tutt’intorno alla Cestiana piramide, sùbito a ridosso delle mura e rimanendo pur sempre all’interno della cinta muraria urbana, si iniziò dal XVIII secolo a seppellire gli stranieri non-cattolici che man mano morìvano a Roma. Al sito, di davvero grande suggestione e di… mortuaria toccante poesìa, venne dato, infine, nel 1821, il nome ufficiale con il quale è noto a tutt’oggi: ‘Cimitero degli Inglesi’ o ‘Cimitero acattolico’ (molto suggestivi e particolarmente poètici monumenti sepolcrali, per citarne soltanto tre, ricoprono ivi le spoglie mortali di John Keats, di Percy Bisshe Shelley e del nostro Antonio Gramsci…).
Della camera sepolcrale, realizzata mediante la cosiddetta volta a botte, originariamente murata al momento della sepoltura, proprio come nelle piramidi Egizie, va precisato che è dipinta di bianco, con sottili cornici e figure decorative, raffiguranti alcune sacerdotesse, e con ànfore alle pareti, poi vi sono quattro figure di ‘Nike’ (Vittoria) alata sulla volta, in perfetto stile pittorico ‘pompeiano’. Detta camera risulta relativamente ben mantenuta, e sulla parete di fondo, dove doveva esserci il ritratto del defunto, ora appare un buco, che venne con tutta evidenza praticato da scavatori clandestini alla ricerca di chissà quali tesori. Tra l’altro, a tutt’oggi si vocìfera di chissà quali prodìgi e meraviglie siano stati nascosti nella tomba, al punto che già dal Settecento, la Piràmide e la sua càmera sepolcrale sono state fatte di tanto in tanto oggetto di numerose inopinate visite organizzate tanto da parte di ladri quanto di Esoteristi incuriositi, alla ricerca di chissà quali misteri scomparsi. Anche oggi detta attività clandestina non sembra essere del tutto cessata… Anche se non pare essere stato rinvenuto – da un punto di vista clandestino, naturalmente – alcunché né di economicamente prezioso né di particolarmente strano…
Un po’ di Storia… Una curiosità : in una dedica di una statua in bronzo del defunto G. Cestio, che era posta a lato della porta (statua di grandezza maggiore del naturale, per quanto si può dedurre dalle parti rimaste attaccate al piedistallo), si legge che detta statua si poté realizzare economicamente solo grazie alla vendita delle ricche stoffe orientali tutte intessute d'oro (attàlica) che Cestio avrebbe voluto portarsi nella tomba, giusto alla maniera delle sepolture degli Egizi. Una puntuale disposizione degli Aèdiles, magistratura Romana preposta alle costruzioni, la quale vietava gli sprechi e le esibizioni inutili di ricchezza (come impedì agli eredi di Gaio Cestio di seppellire gli arazzi nella Piramide), risulta datata al 18 a. Cr. La data di costruzione del monumento deve, quindi, alla luce di dette notizie, situarsi dopo il 18 a.C. ma prima del 12 a. Cr.
La piramide di Cestio venne nel III secolo incorporata nelle consistenti Mura Aureliane: di esse venne in tal modo a costituire un bastione. L’attuale varco di accesso ufficiale corrisponde ad una ‘postèrula’ ( piccola porta posteriore, di secondaria importanza…) , la quale immetteva su di una strada secondaria (di essa è visìbile a tutt’oggi il relativo basolato), verso l ' emporio sul Tevere. Grazie a detta posizione, la Tomba si salvò da tutte quelle ‘spoliazioni’ che, come inevitabile disgrazia, caratterizzarono nel corso dei secoli pressoché tutti i marmi usati come rivestimenti marmòrei degli antichi monumenti.
Durante il Medioevo, si credeva a livello popolare che la Piramide fosse la c.d. meta Remi, collegandola con un'altra contemporanea piramide simile, nota invece come meta Romuli, che esisteva fino al 1499 nel rione Borgo, presente nella ‘Pianta della città di Roma’, risalente all’anno 1474, di Alessandro Strozzi. Detta meta Romuli venne, poi, demolita nel corso del 1500 dal Papa Alessandro VI Borgia, a motivo dell ' apertura della nuova strada di ‘Borgo Nuovo’. Il grande Poeta ed Umanista trecentesco Francesco Petrarca, esperto latinista, in una sua Epìstola denota la Piramide Cestia con la indicazione di ‘sepolcro di Remo’. Infine, l’Umanista Poggio Bracciolini, al fine di spiegare l'errore di Petrarca, afferma che in detto errore egli era incappato a motivo della circostanza di “non avere il grande uomo voluto scoprire l'iscrizione coperta dagli arbusti“.
A parte la sua forma, altresì a motivo del suo riferimento, mai assolutamente provàto, alle origini della Fondazione di Roma, la Piramide di G. Cestio fu costante oggetto di stupìta ammirazione da parte dei viaggiatori che giungèvano a Roma, in particolare nel Seicento e nel Settecento, sècolo del c.d ‘Grand Tour’ ( i ricchi rampolli dell’epoca trascorrevano diverso tempo in visita educativa pressoché obbligatoria alle Bellezze di Roma ), e godette, in ogni caso, di onniperdurante attenzione da parte dell' amministrazione pontificia e Vaticana. Su impulso di papa Alessandro VII Chigi, che di ciò ordinò di incidere memoria sulla facciata, vennero nel 1663 iniziati alcuni scavi : nella parte esterna del Monumento vennero ritrovate le basi di due statue, entrambe dedicate a G. Cestio. Venne altresì scavata un'apertura nella piramide, in tal modo facilitando la scoperta della càmera sepolcrale. Essa fu trovata vuota e visitata da ‘tombaroli’, già in secoli evidentemente vari. Non ebbe, poi, mai séguito un progetto stilàto dal geniale architetto svizzero/Ticinese Francesco Borromìni inteso a trasformare la cella funeraria in una chiesa…
Ancora verso il 1870 ( l’anno della liberatoria Breccia di Porta Pia…) risulta che la Piramide Cestia fosse oggetto di manutenzione a fini conservativi: vi sarebbe, tra l’altro, stato installato sulla cima il primo parafulmine storico romano, che è tuttora il medesimo di allora. Secondo altri, invece, il primo parafulmine in Roma, approntato dal monaco Giovanni Battista Beccaria, studioso di matemàtica e di fisica, venne installato sul Quirinale nel 1770 circa, laddove soltanto dal 1859 al 1864, sarebbe stato installato il parafulmine sulla Piramide Cestiana, se si deve dar retta ad una relazione pubblicata nel 1864, riassumente una lista di lavori pubblici Romani relativi a detto quinquennio 1859-‘64, a firma Pier Domènico Costantini Baldini, Ministro, visto che in quel medesimo perìodo la Piràmide era appena stata fragorosamente colpìta da un potente e devastante fulmine: esso, abbattèndone cima e rivestimento marmoreo, la aveva lasciata brutalmente mozza…
Infine, va detto per completezza artìstico/urbanistica, che, tutt’intorno alla Cestiana piramide, sùbito a ridosso delle mura e rimanendo pur sempre all’interno della cinta muraria urbana, si iniziò dal XVIII secolo a seppellire gli stranieri non-cattolici che man mano morìvano a Roma. Al sito, di davvero grande suggestione e di… mortuaria toccante poesìa, venne dato, infine, nel 1821, il nome ufficiale con il quale è noto a tutt’oggi: ‘Cimitero degli Inglesi’ o ‘Cimitero acattolico’ (molto suggestivi e particolarmente poètici monumenti sepolcrali, per citarne soltanto tre, ricoprono ivi le spoglie mortali di John Keats, di Percy Bisshe Shelley e del nostro Antonio Gramsci…).
Di séguito alcune doverose considerazioni sul senso e al ‘missione’ dell’Arte…
Al pari di come esistono, nel profondo del Cosmo, Forze che favorìscono la nostra elevazione interiore, così ne esistono, dall’Eternità, di Contrarie, che si oppongono e ci avvèrsano. Ecco perché Shatan è detto l’Avversario…
Cui prodest? Magari è un fenomeno normalmente connaturato a questo Demiùrgico Creato: un Creato che, dopo l’intervento Divino Originario relativo all’ATTO Creativo, ha visto il subentro di una o più Entità Demiùrgiche – dal Greco antico ‘dèmios’, ‘del popolo’ ; ‘urgèo’,‘faccio’, ‘opero’, ’costruisco’ – che sono andate man mano sostituendosi all’originario Creatore ai fini della conduzione e del mantenimento del Mondo, e non (sempre) necessariamente demonìache, ma comunque imperfette (questo è, tra l’ altro, un grande mistero, in quanto pur sempre di Entità Superiori si tratta…): un Divino Artigiano, che è colui che, contemplando le Idee Platòniche, plasma la materia sul modello delle Idee medésime.
Sempre dall’Ordine al Dis-Ordine dobbiamo passare e trascorrere, in una ripetèntesi ‘ronda dell’ eterno ritorno’… Innanzitutto ciò, dunque, e poi… niente è mai come sembra, in un mondo fatto di Energìa che si avvolge e si smarrisce e si intèrseca e si estrinseca e si ri-volge e va in alto e va in basso: è il ‘manas’ del Buddhismo, l’instancàbile ‘mentale’, che crea e ri-crea senza tregua alcuna lo scenario che ora appare ora scompàre, ora ritorna differente ora sparisce di nuovo, ora si fa vedere ora si cèla, e così via… Proprio come una scimmia, che adesso salta, nella foresta, su un ramo, ora lo abbandona per un altro, ora salta di nuovo, poi ne vede uno ulteriore e ci si va a sedere, incessantemente… Così vanno i nostri pensieri che, pertanto, ci sembrano quasi diabolicamente eterodiretti… Ma li dirigiamo pur sempre noi, con il nostro libero arbitrio, ora di qua ora di là… Senza alcuna tregua.
Occorre, innanzitutto, fermarci, trovare in Noi ‘attimi di silenzio’ e… poi attivarci come co-Creatori, nel Silenzio e nella Pazienza, per percorrere con attenzione, senza più concèderci al rassicurante sonno del ‘mentale’, le strade che portano all’Essenza…
L’ARTE in generale, l’ ARCHITETTURA, la MUSICA, la SCULTURA, la PITTURA, il TEATRO, la NARRATIVA, la POESIA, in tempi più recenti e moderni, ancora, la FOTOGRAFIA ed il CINEMA, ecc. sono, ad esempio, per il loro di volta in volta ripetuto tentativo Superiore di riattualizzare il gesto del Creatore, una delle modalità sovrane di Ri-Nascita ed atte a fermare il mondo in perenne movimento… L’Artista presenta par excellence, con tutta modestia, i tratti del Dio Creatore, il cui gesto tenta di ripetere continuamente… La Creazione, del resto, non è, in realtà, mai finita… Poiché a detta attività ‘demiurgica’ dell’Artista è collegata la tracotanza e la superbia di volersi, in certi casi del tutto volontariamente, sostituire a Dio, si è nella letteratura e nel teatro, creata la figura del Dottor ‘Faust’, dell’Artista il quale, sentèndosi onnipotente, siglerebbe, infine, il c.d. patto con il ‘Princeps Huius Mundi’, con Mephisto, al fine di ottenere la capacità Sovra-Umana di ri-fare, per l’appunto, il Cosmo tràmite l’Arte, rimanèndone, però, alla fine bruciato e distrutto… Chi, del resto, come Dio/Emmanuel…?
Effettivamente l’Arte è, nel profondo, contemplare, capacità miràbile di dedicarsi con attenzione all’osservare con precisione: cioè, in effetti, dalla sua orìgine etimològica latina, è ‘con’-‘templare’, porsi in una adeguata posizione del Tempio, dalla quale si possa vedere una certa determinata porzione del cielo, e stando pazientemente e silenziosamente bene attenti, riuscìre a scorgere, con valore di futuro auspicio, il giusto numero di uccelli che trans-volano attraverso quella fissata porzione celeste, ai fini di un vaticinio richiesto, di una fondazione di città che possa, in tal modo, nascere sotto determinati fausta/segni favorevoli (così fu ritualmente fondata ROMA, con osservazione, da parte dei 2 fratelli Romolo e Remo, rispettivamente di 12 uccelli, sul colle Palatino, che rimase per Tradizione ‘fausto’), e di 6 uccelli, sul colle Aventino, che restò tradizionalmente ‘infausto’…), della partenza per la guerra dell’esercito con auspici di esito vittorioso della stessa, della creazione/fondazione di una dimora-casa a favore dei suoi futuri abitanti, ecc. ecc.
Infatti, specie oggi che non c’è più un caposaldo su cui fissarsi e che tutto, informe, ci sfugge velocemente, a noi dis-attenti e dis-Graziati (abbandonati dalla Celeste Grazia…), è più che mai indispensàbile fermarsi, creando quotidiani spazi di intimità e di ri-Nàscita. Chi non si ferma – per ottenere ’attimi di silenzio’ – resta, per l’appunto, ‘in-fermo’, cioè si ammala non-ritrovando-più-se-stesso, perché ha smarrito la Divina facoltà. essenziale, dell’osservazione, della spirituale Con-Templazione, del garantirsi, infine, i necessari voli dell’Anima attraverso una salutare attenzione ed una salvìfica attesa… Fermarsi non vuole, del resto, dire rimanere immobile, ma ‘stàbile’, e chi non si ferma mai resta in-stàbile, perciò si ammala, diventa il contrario di ’fermo’, diventa ‘in-fermo’, come si è appena detto sopra.
Fissarsi in Sé dall’eterno movimento e fissare lo sguardo in qualcosa di Bello – la Bellezza salverà il Mondo…– ci salva, in effetti, dalla perdita della Grazia, dalla Dis-Grazia, per l’appunto, della nullificazione che sembra voler prevalere in questi tempi ultimi, specialmente, di ‘Kali Yuga’, l’Età della Oscura Dea Kalì, anch’essa la Distruttrice : ’contemplare‘ la nostra individuale/personale porzione di cielo, la nostra Arte – di Ognuno –, la personale Opera d’Arte che ogni persona fa o dovrebbe fare di se stessa… E’ esclusivamente da un lìmite che ci si può disporre a contemplare, si pensi alla Leopardiana ‘siepe’ di quel celeberrimo solitario colle che “ da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude…” e ci porta, tutti, al dilagante sentimento interiore dell’ Infinìto… Un oggetto sempre ‘tra i piedi’, un animale, sempre il sòlito, cui crediamo di essere affezionati, un bambino, visto e ’conosciuto’ all’apparenza da sempre, ecc., improvvisamente, ai nostri occhi, è come se bucàssero la consueta barriera della mancanza di attenzione, della distrazione, per cui erano a poco a poco diventati invisibili per l’abitudine, trovando essi finalmente uno spazio ed un loro posto di diritto all’interno delle nostre pupille e della nostra Anima, non più infine semplici frammenti, in nome di una Bellezza da tempo smarrita e, al contrario, altamente auspicabile e desideràbile…
Si pènsi, per rimanere all ‘ARTE figurativa (pittura), alla Bellezza, alla quale si ‘fìssano’ con successo alcuni elementi della consueta vita di tutti i giorni, apparentemente insignificanti, nel grande pittore fiammingo Jan Vermeer (XVII secolo), ad esempio : interni di ordinarie stanze, catìni, anfore, sedie, tavoli, poltrone, oggetti della cucina, persone qualunque e governanti e massaie, in quanto finalmente dal ‘divìn pittore’ ricoperte di Luce, di paziente attenzione e di osservazione, rifùlgono all’interno di occhi – i nostri – oramai disabituati alla contemplazione, assurgendo così alla visione ASSOLUTA, che è, poi, in definitiva la Visione Divìna, l’ATTO di Superiore Visione Creativa.
Ed ecco che ‘tout se tient’: l’Uomo si è fatto ARTISTA, è riuscìto con successo a ‘con-templare’ la Bellezza, non più distraèndosi, l’artista-pittore-musicista-poeta-scrittore-cantore-attore-fine dicitore si fa, per un àttimo di Eternità, ’Compagno Co-Erede di Dio’, Ri-Crea il Mondo come Lui e, almeno per oggi, grazie al cambio di prospettiva Interiore, il mondo è SALVO !
Allorché gli occhi – quelli esterni/fisici e quelli dell’ Interiorità – si purìficano, ecco che ogni Vita, ogni animale, ogni oggetto, nella sua impregnazione di affettività umana, ri-appaiono, ma si presèntano come in realtà per la prima volta: INSOSTITUIBILI…
Non è, forse, questa, in definitiva, la scelta che ci porta a compiere l’AMORE ?
In realtà Creazione/Ri-Creazione è atto, fondatìvo, di AMORE e, pertanto, AMORE deve essere ogni volta ricapitolato, riavvolto come un sipario dopo che una pièce teatrale, ad esempio, ci ha mostrato/manifestato la vera Essenza del mondo, al fine di Ri-congiungerci alla Gioia Originaria…
Chi è senza peccato scagli la prima pietra… Ed è davvero un peccato, ma grave, di tracotante SUPERBIA, non fermare mai il nostro ‘in-fermo’ Cuore, perché possa IN PACE ed in calma Quiete, osservare, per così dire “in punta d’Anima”, finalmente, il vortice energètico apparentemente mai fermo del Mondo e del Cosmo. Ri-Creando il Mondo ogni volta, ad ogni nuovo e rinnovato sguardo d’AMORE…
Si osservi con attenzione, PER CONCLUDERE, dove alle volte ci può condurre una cospicua serie di considerazioni scaturenti dalla visita con altri occhi di due stupendi e suggestivi loci hystorici, luoghi storici – e della memoria – di ROMA, quali il pluristratificato Complesso Basilicale di San Clemente e la caratteristica Piramide di Gaio Cestio Epulone… Meditiàmo, gente, meditiàmo…
Maurizio MACALE
ph. Archivio Navarra - Roma
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