Le celeberrime Statue der 'Parlamento Arguto' de ROMA
Alla vecchia ‘Statua Parlante’ di PASQUINO, in Via di Pasquino, a ROMA, vengono a fare visita Marforio, Madama Lucrezia ( con in più, e fuori del classico consesso parlante autorizzato, il c.d. ”Pie’ de Marmo”), er Babbuino, er Facchino e l’Abate Luigi, tutti facenti parte del ‘parlamento de Marmo’ costituito dalle classiche 6 ‘Statue parlanti’ de Roma …
Naturalmente stanno passando MAURO e MAURIZIO, i due ‘fissati’ che fanno parlare le statue di Roma, non solo le classiche 6 appartenenti alla c.d. ‘Congrega degli Arguti’ o ‘Parlamento Arguto’ di Roma, ma un po’ tutte le statue e i bassorilievi di ROMA…
Naturalmente stanno passando MAURO e MAURIZIO, i due ‘fissati’ che fanno parlare le statue di Roma, non solo le classiche 6 appartenenti alla c.d. ‘Congrega degli Arguti’ o ‘Parlamento Arguto’ di Roma, ma un po’ tutte le statue e i bassorilievi di ROMA…
MAURO: Sarà la tìpica fissazione o manìa del FOTOGRAFO, ma io qui, più mi addentro nel cuore tradizionale di Roma nostra, più la fotografia ‘mi tira’, per così dire… Vorrei immortalare di tutto e di più… E tu, da scrittore, che mi dici? Non ti senti ‘prudere la penna’ nel taschino?
MAURIZIO: Certo, se solo penso a quelle bellissime Passeggiate Romane così stupendamente e sapientemente descritte dal grande Stendhal, mi prudono sia la penna nel taschino che non vede l’ora di versare il suo inchiostro per prendere appunti sul classico taccuino da viaggio sia la tastiera del mio PC che, mentre passeggiamo beatamente per questi ameni luoghi romani, sta lì inutilizzato, solo soletto a casa, in attesa che io arrivi per pigiare sui tasti con le mie invenzioni letterarie…
MAURO: (inizia a fare fotografie delle 6 ‘statue parlanti’ di Roma che man mano passeggiando, vengono raggiunte ad una ad una, visto che tutte si trovano in un ambito di 7- 800 metri quadri, al massimo 1 Km. /1 km e mezzo quadrato, in lungo e in largo…): Vedi, più fotògrafo, più vorrei fotografare… Ma, attenzione!, bando alle – nostre – ciance, ecco che si sentono, se non mi sto sbagliando, le prime parole e ciance dell’ottimo MARFORIO dal Campidoglio… Che, come credo di capire, sono parole di polemica verso qualcuno o qualcosa…
MAURIZIO: Sì, proseguiamo un poco, che mi sto incuriosendo. Sento anch’io come un fluire di più di un brusìo, un diffondersi di ciance, di frasi e parole, forse un tantino aspre. Poniamo un po’ di attenzione… Magari, con la scusa, otterremo anche qualche notizia storica sull’origine di queste 6 statue, fornìta nel dialogo reciproco da e tra loro stesse… Magari grazie allo scambio di parole polèmiche tra di loro. Pure la polemica servirà a qualcosa, spero…MARFORIO: Certo che, quanto a grandezza materiale, proprio de dimensioni intendo, so’ io de sicuro la più ’enorme’ delle 6 statue parlanti classiche, appartengo alla età romana, e risalgo al I secolo, raffiguro, poi, forse uno degli Dèi più ‘mportanti, er Re der MARE, Nettuno. O magari l'Oceano (aiutame a ddi’…) oppure er Tevere, er fiume più importante der monno… E’ vero che, come una delle sei statue parlanti di Roma, forse sono da sempre la più nota dopo Pasquino. Sto puro agli importantissimi Musei Capitolini. Effettivamente, perciò, me domando perché devo da esse’ la seconda Statua dopo PASQUINO… Mmaahh !!!
PASQUINO: SENTI CHI PARLA! Ma, del resto, so’ le STATUE a ave’ la facorta’ de PARLA’ ( in numero de sèi, certo, ai bei tempi, ma ar giorno d’oggi, so’ molte de più, perchè SE SO’ MESSE TUTTE A PARLA’ e a blatera’…). E poi da quarche anno girano due strani tipi, ‘no scrittore e ’n’ fotografo, che sembrano ave’ abbastanza tempo da perde, i quali, sarv’ognuno, ci attribuiscono, a noi statue tutte, busti e bassorilievi de ROMA, frasi veramente da noi mai dette (vanno dicendo ‘n giro che ce sentono parla’…Mmaahh!). Ma tant’è… Proprio Io, Pasquino, ero la statua che per eccellenza mostrava A TUTTI E SENZA RITEGNO er marcontento der popolo de Roma… Perciò le insoddisfazioni popolane vennero chiamate Pasquinate , in séguito. Quindi la paternità dello ’statuoparlantismo’ , per così dire, a Roma, appartiene senz’altro a me… Nun ce so’ Santincielo! Capisci, quindi, a Marfo’, perché so’ er primo?… Io venni utilizzato da li politici medèsimi per calunniare gli avversari e, durante le elezioni der Papa, se combatteva proprio a colpi de Pasquinate pe’ conquistasse er favore der popolo Romano… Ner senso che ereno proprio sicàri dei Papi medesimi ( li 007 provocatori de allora…) che annàveno ‘n giro a mette li cartelli ar mio collo, ner mio grembo e attorno alla mia statua recanti scritte su di essi le peggio ‘pasquinate’…
I Papi non erano pe’ gnente contenti de una siffatta scomoda presenza, certo sortanto allorché le scritte nun erano state congegnate da loro stessi, e cercarono di eliminarmi, senza peraltro mai riuscirci. Ci provò per primo Adriano VI, ma fu fermato dai suoi medesimi cardinali (perché je servivo, è ovvio…). Subito dopo toccò a Sisto V e, ancora, a Clemente VIII ed infine ci provò a bloccarMi Benedetto XIII, ma anche lui non ottenne grandi risultati. I versi satirici de le mie Pasquinate riguardavano soprattutto la “prostituzione di lusso” dei pontefici e le accuse diminuirono solo quanno, co’ ‘a breccia de Porta Pia’, il potere temporale dei pontefici – sia ringraziato er Cielo! – finì (ma è mai terminato DAVVERO il potere temporale dei Papi?...Rompono tarmente sempre…!). Il popolo disse che, in tal modo, io, Pasquino, dopo er XX de Settembre 1870. non parlai più… In realtà, con l’arrivo di Hitler a Roma, nel 1938, mi vidi costretto a parlare al fine di denunciare le spese azzardate per lo sfarzo delle scenografie allestite dar Governo Fascista pe ll’arivo der dittatore Tedesco.
Nel corso dei secoli, versetto dopo versetto, tale forma di espressione silenziosa ma, in ogni caso, disturbante non poco il Potere, ha simboleggiato per i romani che puntualizzavano gli eventi urbani coi loro commenti, gli eccessi de ’n sistema cor quale se conviveva co’ amarezza e co’ palese sufficienza. Dopo il restauro della Mia statua nel 2009, sebbene non sia più possibile attaccare le “pasquinate” direttamente sur Mio corpo mutilo de marmo o sur suo basamento, come da tradizione, è stata allestita un’apposita bacheca ai Miei piedi, de Me che so’ e resto er sempre grande Pasquino, a simboleggiare il continuare di una tradizione che non smetterà mai de esiste. Certo, tale voja de parla’ contro er Potere finirà sortanto quanno sprofonderà Roma. Be’, oddìo, non è che sotto ‘sti RAGGI de Sole e ‘sti Chiari de Luna manchi tanto alla ingloriosa Fine dell’Urbe Eterna… Ma cche ce voi fa’… Bisogna anna’ avanti l’istesso : ce vojono forza e coRAGGIo…
I Papi non erano pe’ gnente contenti de una siffatta scomoda presenza, certo sortanto allorché le scritte nun erano state congegnate da loro stessi, e cercarono di eliminarmi, senza peraltro mai riuscirci. Ci provò per primo Adriano VI, ma fu fermato dai suoi medesimi cardinali (perché je servivo, è ovvio…). Subito dopo toccò a Sisto V e, ancora, a Clemente VIII ed infine ci provò a bloccarMi Benedetto XIII, ma anche lui non ottenne grandi risultati. I versi satirici de le mie Pasquinate riguardavano soprattutto la “prostituzione di lusso” dei pontefici e le accuse diminuirono solo quanno, co’ ‘a breccia de Porta Pia’, il potere temporale dei pontefici – sia ringraziato er Cielo! – finì (ma è mai terminato DAVVERO il potere temporale dei Papi?...Rompono tarmente sempre…!). Il popolo disse che, in tal modo, io, Pasquino, dopo er XX de Settembre 1870. non parlai più… In realtà, con l’arrivo di Hitler a Roma, nel 1938, mi vidi costretto a parlare al fine di denunciare le spese azzardate per lo sfarzo delle scenografie allestite dar Governo Fascista pe ll’arivo der dittatore Tedesco.
Nel corso dei secoli, versetto dopo versetto, tale forma di espressione silenziosa ma, in ogni caso, disturbante non poco il Potere, ha simboleggiato per i romani che puntualizzavano gli eventi urbani coi loro commenti, gli eccessi de ’n sistema cor quale se conviveva co’ amarezza e co’ palese sufficienza. Dopo il restauro della Mia statua nel 2009, sebbene non sia più possibile attaccare le “pasquinate” direttamente sur Mio corpo mutilo de marmo o sur suo basamento, come da tradizione, è stata allestita un’apposita bacheca ai Miei piedi, de Me che so’ e resto er sempre grande Pasquino, a simboleggiare il continuare di una tradizione che non smetterà mai de esiste. Certo, tale voja de parla’ contro er Potere finirà sortanto quanno sprofonderà Roma. Be’, oddìo, non è che sotto ‘sti RAGGI de Sole e ‘sti Chiari de Luna manchi tanto alla ingloriosa Fine dell’Urbe Eterna… Ma cche ce voi fa’… Bisogna anna’ avanti l’istesso : ce vojono forza e coRAGGIo…
MARFORIO: Certo, mo’, anche se continuo a rosica’, mi è tutto molto più chiaro: fu er popolo Romano che te scerse e, quindi, Te meriti senz’artro er primo posto pe’ importanza de eloquio… Scusame, perciò, Pasquino…
PASQUINO: Ti racconto alcune Pasquinate rimaste significative: “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”, cioè “Quello che non hanno fatto i barbari, hanno fatto i Barberini”. La frase, davvero celebre, è una “pasquinata” dedicata a Urbano VIII Barberini, il quale ruppe… ehm, pardon, pontificò dal 1623 al 1644: fu ben lui il papa che permise di usare ( di predàre…) le decorazioni in bronzo del Pantheon per fare il Baldacchino di San Pietro in Vaticano!
Famosa e molto azzeccata fu la pasquinata usata contro Napoleone Bonaparte, che aveva il vizio di prendere le opere d’arte nei paesi conquistati e portalle in Francia. Te lo ricordi, grande Marforio, che si trattava di un colloquio con la Tua statua?
MARFORIO: E COME NO! Io dicevo con immensa ironia È vero che i francesi sono tutti ladri? E Tu, Pasquino, con grande sagacia, rispondevi: Tutti no, ma BonaParte!
PASQUINO: Già, ‘na Bonaparte… Ahahahah, che risate!!! Oggi se potrebbe dire ‘na Macronscopica parte…’. Accidenti, qui cambiano i nomi dei Politicanti ma la sostanza è sempre la stessa… So’ finti democratici. La situazione peggiora a vista d’occhio… In reartà so’ amici delle Banche e fanno, de ‘e banche, l’interessi… E er popolo bue je sbandiera puro dietro…
MAURO: Me sa’, a Mauri’, che vole subentrare a dire la sua anche la donna, finarmente!, Madama Lucrezia… E via co’ na bella foto anche a lei…
MAURIZIO: Me sembra anche a me che vole inizià le sue chiacchiere proprio la Madama, sento crescere, in effetti, un certo brusìo proprio dalla sua parte…
PASQUINO: Ti racconto alcune Pasquinate rimaste significative: “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”, cioè “Quello che non hanno fatto i barbari, hanno fatto i Barberini”. La frase, davvero celebre, è una “pasquinata” dedicata a Urbano VIII Barberini, il quale ruppe… ehm, pardon, pontificò dal 1623 al 1644: fu ben lui il papa che permise di usare ( di predàre…) le decorazioni in bronzo del Pantheon per fare il Baldacchino di San Pietro in Vaticano!
Famosa e molto azzeccata fu la pasquinata usata contro Napoleone Bonaparte, che aveva il vizio di prendere le opere d’arte nei paesi conquistati e portalle in Francia. Te lo ricordi, grande Marforio, che si trattava di un colloquio con la Tua statua?
MARFORIO: E COME NO! Io dicevo con immensa ironia È vero che i francesi sono tutti ladri? E Tu, Pasquino, con grande sagacia, rispondevi: Tutti no, ma BonaParte!
PASQUINO: Già, ‘na Bonaparte… Ahahahah, che risate!!! Oggi se potrebbe dire ‘na Macronscopica parte…’. Accidenti, qui cambiano i nomi dei Politicanti ma la sostanza è sempre la stessa… So’ finti democratici. La situazione peggiora a vista d’occhio… In reartà so’ amici delle Banche e fanno, de ‘e banche, l’interessi… E er popolo bue je sbandiera puro dietro…
MAURO: Me sa’, a Mauri’, che vole subentrare a dire la sua anche la donna, finarmente!, Madama Lucrezia… E via co’ na bella foto anche a lei…
MAURIZIO: Me sembra anche a me che vole inizià le sue chiacchiere proprio la Madama, sento crescere, in effetti, un certo brusìo proprio dalla sua parte…
MADAMA LUCREZIA (madama Lugrezzia): Lo sapete, sì, che io, madama Lugrezzia ( sic in dialetto romanesco ), so’ l'unica rappresentante femminile della cosiddetta “Congrega degli Arguti”. Due dell’artri 6 siete Voi, ottimi Pasquino e Marforio…
Sto qui, oramai da ‘na vita, piantata co’ sto mio colossale busto d’ epoca antico-romana, con la mia poderosa artezza de tre metri circa, su ‘sto basamento all'angolo tra Palazzo Venezia (quello per intenderci, der fatale Ducesco balcone de Roma…) e la basìlica de San Marco al Campidoglio nella omonima angusta piazzetta. Quanto ar Chi Io rappresenterei, non si è mai potuta in reartà assegnare una identificazione sicura, e sono parecchie le ipotesi circa er personaggio che io starei a raffigurare: la più accreditata pare esse’ l’ipotesi che io sìa la Dea ISIDE, ovvero, invece, una delle sue sacerdotesse, in quanto il nodo della veste, sul mio petto, è una caratteristica che sembrerebbe rinviare proprio ar culto Isìaco. Questo Mio busto sarebbe stato donato a Lucrezia d'Alagno, l'amante de Alfonso V d'Aragona, re di Napoli, la quale, dopo la morte di Alfonso, a causa dell'ostilità del suo successore, trasferì a Roma la propria dimora, vicino a questo luogo dove ora se trova la mia statua. A urteriore conferma de quella ipotesi, cioè dell'attribuzione del nome con riferimento proprio a quella Lucrezia in particolare, c'è la circostanza che nel corso der Quattrocento l’attributo de “madama” era in uso a Napoli ma non certo a Roma.
Puro io, come tutte l’artre cinque statue parlanti de Roma, sono stata la “voce” di svariate pasquinate, ma alla fin fine, di fronte ar Maestro Pasquino, solo poche : violente ed irriverenti satire all’ indirizzo di anonimi personaggi pubblici più in vista nella Roma del Quattrocento e der Cinquecento, insurtati pesantemente. Due in particolar modo ne vojo aricorda’: la prima quando, ner 159l, papa Gregorio, ormai in fin di vita, si fece trasferire ar Palazzo Venezia sperando (grazie anche alla presenza ner Palazzo de Venezia di un ben alto cancello che attutiva i rumori della città) in un miglioramento de salute, che poi, in verità, nun se verificò mai. In quella circostanza, io ne approfittai pe’ sentenzia’ così: La morte entrò attraverso i cancelli. L'altro mio pesante intervento scritto/parlàto si verificò nel corso degli eventi relativi alla proclamazione della Repubblica Romana, nel corso der 1799, allorché er popolo de Roma, oramai in piena rivorta, gettò senza arcun riguardo a terra il mio busto: e così apparve sulle mie spalle la scritta Non ne posso veder più…
Sto qui, oramai da ‘na vita, piantata co’ sto mio colossale busto d’ epoca antico-romana, con la mia poderosa artezza de tre metri circa, su ‘sto basamento all'angolo tra Palazzo Venezia (quello per intenderci, der fatale Ducesco balcone de Roma…) e la basìlica de San Marco al Campidoglio nella omonima angusta piazzetta. Quanto ar Chi Io rappresenterei, non si è mai potuta in reartà assegnare una identificazione sicura, e sono parecchie le ipotesi circa er personaggio che io starei a raffigurare: la più accreditata pare esse’ l’ipotesi che io sìa la Dea ISIDE, ovvero, invece, una delle sue sacerdotesse, in quanto il nodo della veste, sul mio petto, è una caratteristica che sembrerebbe rinviare proprio ar culto Isìaco. Questo Mio busto sarebbe stato donato a Lucrezia d'Alagno, l'amante de Alfonso V d'Aragona, re di Napoli, la quale, dopo la morte di Alfonso, a causa dell'ostilità del suo successore, trasferì a Roma la propria dimora, vicino a questo luogo dove ora se trova la mia statua. A urteriore conferma de quella ipotesi, cioè dell'attribuzione del nome con riferimento proprio a quella Lucrezia in particolare, c'è la circostanza che nel corso der Quattrocento l’attributo de “madama” era in uso a Napoli ma non certo a Roma.
Puro io, come tutte l’artre cinque statue parlanti de Roma, sono stata la “voce” di svariate pasquinate, ma alla fin fine, di fronte ar Maestro Pasquino, solo poche : violente ed irriverenti satire all’ indirizzo di anonimi personaggi pubblici più in vista nella Roma del Quattrocento e der Cinquecento, insurtati pesantemente. Due in particolar modo ne vojo aricorda’: la prima quando, ner 159l, papa Gregorio, ormai in fin di vita, si fece trasferire ar Palazzo Venezia sperando (grazie anche alla presenza ner Palazzo de Venezia di un ben alto cancello che attutiva i rumori della città) in un miglioramento de salute, che poi, in verità, nun se verificò mai. In quella circostanza, io ne approfittai pe’ sentenzia’ così: La morte entrò attraverso i cancelli. L'altro mio pesante intervento scritto/parlàto si verificò nel corso degli eventi relativi alla proclamazione della Repubblica Romana, nel corso der 1799, allorché er popolo de Roma, oramai in piena rivorta, gettò senza arcun riguardo a terra il mio busto: e così apparve sulle mie spalle la scritta Non ne posso veder più…
MAURIZIO: ma senti Tu quante ne sanno ‘ste statue… Non si finisce mai di imparare! E poi non tacciono mai… Ammàzzale oh!
MAURO: Del resto, a Mauri’, stanno a parla’ della loro stessa storia…E se non sono dotte loro sulle loro medesime vicende, chi altro lo dovrebbe o potrebbe essere?. Ma mi sembra che Lugrezzia stia proseguendo tuttora nel suo racconto… Ascoltiamo!
MADAMA LUCREZIA (continuando): Vi è nota, spero bbene, la circostanza che il cosiddetto “ Pie' de Marmo” collocato in origine nella via che da esso prende il nome, avrebbe in origine fatto parte della mia statua, sì proprio dello ‘statuone’ la cui parte superiore sono per l’appunto Io, Madama Lucrezia. State a vede’ che mo’ IO divento la semplice appendice superiore der Piedone!... Ne sarebbe testimonianza la circostanza che la veste che Io porto e il sandalo oggi appena visibile sur Pie’ de Marmo farebbero parte tutt’e due der corredo delle sacerdotesse de Iside. Inoltre anche le dimensioni e la qualità der marmo corisponderebbero. Non sono, pur tuttavia e sarv’ognuno, mai state eseguite le analisi adeguate a confermare ‘na simile ipòtesi…
MAURO: Del resto, a Mauri’, stanno a parla’ della loro stessa storia…E se non sono dotte loro sulle loro medesime vicende, chi altro lo dovrebbe o potrebbe essere?. Ma mi sembra che Lugrezzia stia proseguendo tuttora nel suo racconto… Ascoltiamo!
MADAMA LUCREZIA (continuando): Vi è nota, spero bbene, la circostanza che il cosiddetto “ Pie' de Marmo” collocato in origine nella via che da esso prende il nome, avrebbe in origine fatto parte della mia statua, sì proprio dello ‘statuone’ la cui parte superiore sono per l’appunto Io, Madama Lucrezia. State a vede’ che mo’ IO divento la semplice appendice superiore der Piedone!... Ne sarebbe testimonianza la circostanza che la veste che Io porto e il sandalo oggi appena visibile sur Pie’ de Marmo farebbero parte tutt’e due der corredo delle sacerdotesse de Iside. Inoltre anche le dimensioni e la qualità der marmo corisponderebbero. Non sono, pur tuttavia e sarv’ognuno, mai state eseguite le analisi adeguate a confermare ‘na simile ipòtesi…
Il Piè di Marmo ( che non fa, in ogni caso, parte delle 6 statue del ‘parlamento arguto’): Sapete a chi appartiene questo “piedone”, che costituisce tutta intera la mia esistenza (essa se riduce solo a ‘sto piedone…) ? Il Piè di Marmo di in origine posto in via Pie’ di Marmo, poi in via di di S. Stefano del Cacco (il suo vero nome sarebbe "S.Stefano de pinea" - dalla pigna che, allusiva al nome del rione, si trova sulla sommità del campanile della omonima chiesa - ma è popolarmente chiamata "del Cacco" dal ritrovamento, nel Medioevo, di una statuetta del dio Thot, la divinità egizia della luna, della sapienza, della scrittura e della magia, nelle sembianze di un babbuino: il popolino la chiamò "macacco" -ossia macaco-, in seguito abbreviato nel dialetto romanesco in "cacco") apparteneva ad una colossale statua di culto dell’Iseo e Serapeo Campense, il più antico e vasto (un’estensione de ben mt 220 pe’ mt 70…) santuario egiziano presente a Roma dedicato alle divinità di Iside e di Serapide. Via de S. Stefano der Cacco collega, con una caratteristica nonché particolare forma a ’T’, ben 3 strade de Roma bella: via degli Astalli, via der Gesù e via der Pie' de Marmo, tutte e tre parecchio caratteristiche… A parte la dannatissima monnezza che se sta a divora’ tutta Roma…
Originariamente il piede era collocato in via Piè di Marmo, che dal frammento della mia statua prende il suo nome. Solo in séguito venne trasferito qui nel 1878 affinché Io piedone non ostacolassi il passaggio del corteo funebre di Vittorio Emanuele II, che era diretto verso il Pantheon. Secondo un’altra versione della storia Io Piedone sarei stato spostato qui a motivo della presenza de un calzolaio in questa via e in tal caso potremmo parlare di una vera e propria insegna pubblicitaria! E nun parlamo poi ancora de scimmie e de scimmiette o de macacchi etc… Se potrebbe risentire er Babbuino, che se crede de dove’ esse sortanto lui er titolare der nomignolo scimmiesco…
Originariamente il piede era collocato in via Piè di Marmo, che dal frammento della mia statua prende il suo nome. Solo in séguito venne trasferito qui nel 1878 affinché Io piedone non ostacolassi il passaggio del corteo funebre di Vittorio Emanuele II, che era diretto verso il Pantheon. Secondo un’altra versione della storia Io Piedone sarei stato spostato qui a motivo della presenza de un calzolaio in questa via e in tal caso potremmo parlare di una vera e propria insegna pubblicitaria! E nun parlamo poi ancora de scimmie e de scimmiette o de macacchi etc… Se potrebbe risentire er Babbuino, che se crede de dove’ esse sortanto lui er titolare der nomignolo scimmiesco…
IL BABBUINO: Ammàzzate aho, ma come cominci già a parla’ difficile. Puro co’ li versi classici e paludati…E parli puro poco in Romanesco… E nomini puro a MARFORIO e a PASQUINO. Ma noiartri tre poveracci rimasti soli, invece, ci hai dimenticato… Intendo me che so’ er Babbuino, Madama LUGREZZIA e er FACCHINO… Qui, in Via der Babuino – vedete, ho perfino dato er nome ad un’ arteria stradale fondamentale de Roma - , Io buttavo acqua – ché ero in reartà ‘na fontana o fontanella - mo’ la butto sortanto quanno me ricordo o allorché Li Raggi de Sole me lo consentono oppure se ricordano che tra le fontane storiche de Roma ce so’ puro IO… Io sarei, secondo molti, la raffigurazione di un SILENO, ‘na semidivinità della natura, che giace su di una base de roccia…Fui chiamato dar popolo de Roma “babbuino” perché ero e sono tarmente brutto e deforme da poter venire paragonato adeguatamente ad una scimmia. Secondo una certa ipòtesi, pe’ carità puro interessante, ma in realtà mai dimostrata, in realtà l’ espressione "babbuino" non sarebbe altro che una variante fonetica der termine popolare, abbastanza diffuso, "babbione". Termine che, a sua volta, discenderebbe dar latino "bambalio, bambalionis" : significa "vecchio svanito e cialtrone; imbecille, e rimbambito" : il mio modo di stare, la mia posizione insomma, effettivamente, oltre che l'espressione mia da Sileno, potrebbero giustificare una ipòtesi tanto dura e tagliente… Pensa che ci ho perfino ‘na crisi de identità… Perché nun so in realtà se ero in origine ‘na scimmia ovvero un uomo maturo ovvero un rognosissimo, scostante vecchietto pappus o babbeus…
MAURIZIO: Ma hai visto che simpatiche le scritte dei nostri giorni alle spalle der Babbuino? Senti senti quante ne sanno ‘ste care statue…: “ W ITALIA Patria nostra…” … Artra scritta babbuinense dei giorni nostri: “LATRI D’ ITALIA” : segue il Nome del relativo Politico ‘ LA T RO ’ , che è bene non riportare perché a questi Signori si urta la suscettibilità…
IL BABBUINO: Er tutto pe’ mme risalirebbe ar palazzo del nobile Alessandro Grandi, presente su quella che all'epoca si chiamava via Paolina, il quale fece realizzare, in onore der Pontefice, una fontana a uso pubblico, ponendo la mia povera statua ad ornamento della vasca quadrangolare, addossata alla facciata del palazzo. Dalla concessione all'allaccio della conduttura, alla realizzazione della fontana passò qualche anno, ma nel 1576 doveva essere terminata: tra gli ornamenti figurano, se guardate bene, anche due delfini, simbolo araldico della famiglia del nuovo papa Gregorio XIII Boncompagni, che nel frattempo aveva acquistato il palazzo. La mia povera statua era inserita in una nicchia delimitata da due lesene i cui capitelli sostenevano la cornice superiore su cui erano posizionati i due delfini.
La statua della fontana era talmente singolare che influenzò fortemente la fantasia e l'interesse dei romani. Uno dei primi effetti fu quello de determina’ er cambiamento dello stesso toponimo della strada, che da via Paolina cambiò, appunto, in via del Babuino. Venni, poi, abbastanza presto annoverata tra le “statue parlanti” de Roma, e come le altre cinque me fécero diventa’ la voce de svariate pasquinate, irriverenti e acute, indirizzate a colpire pesantemente e sempre in maniera anonima i personaggi pubblici più in vista a Roma a iniziare da molto presto… Più che de pasquinate, ner mio caso, erano definite babbuinate, ma il contenuto era pur sempre er medesimo…
A causa dei lavori per la costruzione della rete fognaria, nel 1877 l'intero complesso venne smembrato: la vasca fu utilizzata per un'altra fontana in via Flaminia, mentre la mia statua venne riposta all'interno der palazzo ex-Boncompagni, divenuto intanto Palazzo Boncompagni-Cerasi. Solo ner 1957, a séguito de ‘na campagna de recupero portata avanti da arcuni cittadini romani, sto vecchio Sileno che io sono, è potuto ritorna’ nella via che della statua aveva preso il nome, e si trova ora a fianco della chiesa di Sant’Atanasio dei Greci, tuttora ridotta ar rango de un semplice elemento decorativo dell'antica vasca, anch'essa recuperata: in essa, un tempo, si abbeveravano i cavalli. Dopo l'urtimo restauro del 2007 è stata posizionata intorno alla fontana un'inferriata sotto cui stanno due colonnine de pietra. Infine, ner 2015 è partito un nuovo restauro… Ma che è quer brusìo che ariva dalla statua der Facchino…?
MAURIZIO: Ma hai visto che simpatiche le scritte dei nostri giorni alle spalle der Babbuino? Senti senti quante ne sanno ‘ste care statue…: “ W ITALIA Patria nostra…” … Artra scritta babbuinense dei giorni nostri: “LATRI D’ ITALIA” : segue il Nome del relativo Politico ‘ LA T RO ’ , che è bene non riportare perché a questi Signori si urta la suscettibilità…
IL BABBUINO: Er tutto pe’ mme risalirebbe ar palazzo del nobile Alessandro Grandi, presente su quella che all'epoca si chiamava via Paolina, il quale fece realizzare, in onore der Pontefice, una fontana a uso pubblico, ponendo la mia povera statua ad ornamento della vasca quadrangolare, addossata alla facciata del palazzo. Dalla concessione all'allaccio della conduttura, alla realizzazione della fontana passò qualche anno, ma nel 1576 doveva essere terminata: tra gli ornamenti figurano, se guardate bene, anche due delfini, simbolo araldico della famiglia del nuovo papa Gregorio XIII Boncompagni, che nel frattempo aveva acquistato il palazzo. La mia povera statua era inserita in una nicchia delimitata da due lesene i cui capitelli sostenevano la cornice superiore su cui erano posizionati i due delfini.
La statua della fontana era talmente singolare che influenzò fortemente la fantasia e l'interesse dei romani. Uno dei primi effetti fu quello de determina’ er cambiamento dello stesso toponimo della strada, che da via Paolina cambiò, appunto, in via del Babuino. Venni, poi, abbastanza presto annoverata tra le “statue parlanti” de Roma, e come le altre cinque me fécero diventa’ la voce de svariate pasquinate, irriverenti e acute, indirizzate a colpire pesantemente e sempre in maniera anonima i personaggi pubblici più in vista a Roma a iniziare da molto presto… Più che de pasquinate, ner mio caso, erano definite babbuinate, ma il contenuto era pur sempre er medesimo…
A causa dei lavori per la costruzione della rete fognaria, nel 1877 l'intero complesso venne smembrato: la vasca fu utilizzata per un'altra fontana in via Flaminia, mentre la mia statua venne riposta all'interno der palazzo ex-Boncompagni, divenuto intanto Palazzo Boncompagni-Cerasi. Solo ner 1957, a séguito de ‘na campagna de recupero portata avanti da arcuni cittadini romani, sto vecchio Sileno che io sono, è potuto ritorna’ nella via che della statua aveva preso il nome, e si trova ora a fianco della chiesa di Sant’Atanasio dei Greci, tuttora ridotta ar rango de un semplice elemento decorativo dell'antica vasca, anch'essa recuperata: in essa, un tempo, si abbeveravano i cavalli. Dopo l'urtimo restauro del 2007 è stata posizionata intorno alla fontana un'inferriata sotto cui stanno due colonnine de pietra. Infine, ner 2015 è partito un nuovo restauro… Ma che è quer brusìo che ariva dalla statua der Facchino…?
Er FACCHINO: Sto ben triste e pensieroso, molto afflitto, con la mia botticella ar collo qui in via Lata (Via larga…). Così M’hanno scritto su una targa: ”Ad Abbondio Rizio, coronato (facchino) sul pubblico selciato, valentissimo nel legar fardelli. Portò quanto peso volle, visse quanto poté; ma un giorno, portando un barile di vino in spalla e dentro il corpo, contro la sua volontà morì.”
Posta all’origine in via del Corso, sulla facciata principale del palazzo de Carolis Simonetti (poi palazzo der Banco di Roma) al tempo di Gregorio XIII, nel 1874 venni spostato in questa posizione che occupo adesso, sulla facciata laterale dello stesso palazzo, in via Lata. So’ una figura maschile, cor viso quasi completamente consumato, mentre verso acqua da una botte. Il viso sfigurato è dovuto alle offese dei ragazzacci stradaroli che mi prendevano a bersaglio lanciando pietre. Questo perché, secondo una credenza popolare, per via del berretto e dell'abbigliamento da molti ero ritenuto addirittura una raffigurazione de Martin Lutero. Io so’ in effetti la più giovane delle statue parlanti, risalendo al 1580, anno in cui Jacopo Del Conte mi scolpì su incarico della Corporazione degli Acquaroli. Er Vanvitelli nel 1751, attribuisce la mia fattura addirittura a Michelangelo. Io rappresenterei (uso er condizionale in quanto, noi statue parlanti de Roma nostra, semo condannate a nun sape’ gnanche chi eravamo nella vita quotidiana…) in realtà, un “acquarolo” (o, meglio, "acquaricciaro"), la figura, cioè, che, fino a quando, alla fine del ‘500, i Papi ripristinarono gli acquedotti, annava a prenne l'acqua dalle fontane pubbliche e la rivendeva, poi, porta a porta alla ggente…
La tipologìa dell'abito e un'epigrafe scomparsa in occasione dell'ultimo trasferimento a via Lata, riconduce il tutto alla corporazione dei facchini, da cui avrei, perciò, preso il nome. L'attribuzione non sembra, a quanto pare, però corretta, sebbene l'epigrafe dedicatoria, in latino, recitasse quello che già v’ho appena detto all’inizio: ”Ad Abbondio Rizio, coronato [facchino] sul pubblico selciato…, contro la sua volontà morì.”
Come le altre cinque ho rappresentato anch’io la “voce” di diverse pasquinate, violente e irriverenti a colpi’ senza tanti comprimenti le figure der Potere più note nella Urbs Roma, vero Abbate Luiggi? Te sento… Me pare che te stai a lamenta’…
Posta all’origine in via del Corso, sulla facciata principale del palazzo de Carolis Simonetti (poi palazzo der Banco di Roma) al tempo di Gregorio XIII, nel 1874 venni spostato in questa posizione che occupo adesso, sulla facciata laterale dello stesso palazzo, in via Lata. So’ una figura maschile, cor viso quasi completamente consumato, mentre verso acqua da una botte. Il viso sfigurato è dovuto alle offese dei ragazzacci stradaroli che mi prendevano a bersaglio lanciando pietre. Questo perché, secondo una credenza popolare, per via del berretto e dell'abbigliamento da molti ero ritenuto addirittura una raffigurazione de Martin Lutero. Io so’ in effetti la più giovane delle statue parlanti, risalendo al 1580, anno in cui Jacopo Del Conte mi scolpì su incarico della Corporazione degli Acquaroli. Er Vanvitelli nel 1751, attribuisce la mia fattura addirittura a Michelangelo. Io rappresenterei (uso er condizionale in quanto, noi statue parlanti de Roma nostra, semo condannate a nun sape’ gnanche chi eravamo nella vita quotidiana…) in realtà, un “acquarolo” (o, meglio, "acquaricciaro"), la figura, cioè, che, fino a quando, alla fine del ‘500, i Papi ripristinarono gli acquedotti, annava a prenne l'acqua dalle fontane pubbliche e la rivendeva, poi, porta a porta alla ggente…
La tipologìa dell'abito e un'epigrafe scomparsa in occasione dell'ultimo trasferimento a via Lata, riconduce il tutto alla corporazione dei facchini, da cui avrei, perciò, preso il nome. L'attribuzione non sembra, a quanto pare, però corretta, sebbene l'epigrafe dedicatoria, in latino, recitasse quello che già v’ho appena detto all’inizio: ”Ad Abbondio Rizio, coronato [facchino] sul pubblico selciato…, contro la sua volontà morì.”
Come le altre cinque ho rappresentato anch’io la “voce” di diverse pasquinate, violente e irriverenti a colpi’ senza tanti comprimenti le figure der Potere più note nella Urbs Roma, vero Abbate Luiggi? Te sento… Me pare che te stai a lamenta’…
L’ABATE LUIGI (Abbate Luiggi) : In Piazza Vidoni, dove sorgo, mi hanno inciso sta targa :
“FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO
ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA
CONQUISTAI CON MARFORIO E CON PASQUINO
NELLE SATIRE URBANE ETERNA FAMA
EBBI OFFESE, DISGRAZIE E SEPOLTURA
MA QUI VITA NOVELLA E ALFIN SICURA”.
Dar 1924 me trovo di nuovo in piazza Vidoni, sul muro laterale della Basilica de Sant’Andrea della Valle; proprio tale collocazione è quella mia originaria, poiché la mia statua fu ritrovata nelle fondazioni di Palazzo Vidoni, nell'area del Teatro de Pompeo. Nel corso del tempo ho subìto, in ogni caso, vari trasferimenti.
Scurtura de epoca tardo-romana, raffiguro co’ tutta probabilità un arto magistrato. In mancanza di una precisa identificazione, il nomignolo me venne dato dalla fantasia popolare che, con la consueta arguzia, trovava il mio personaggio particolarmente somigliante al sagrestano della vicina Chiesa der Sudario, conosciuto appunto co’ quer nome.
Come le artre cinque so’ stata la voce di svariate violente e irriverenti satire Pasquinate indirizzate a colpire anche pesantemente e sempre in modo anonimo i personaggi pubblici più in vista nella Roma der Basso Medioevo. Di questa mia caratteristica loquacità letteraria è testimonianza l'iscrizione che si trova sulla base della statua e che già prima v’ho letto completa :
“FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO
ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA…”
Sulla sicurezza della vita novella l'epigrafe non sembra, pe’ mmia disgrazzia, ave’ avuto ragione, poiché ho subìto, anche da poco tempo, diversi atti vandàlici, orientati soprattutto all'eliminazione della mia testa, che è stata varie volte sostituita. È in occasione di una “decapitazione” del 1966 che Io parlai per l'ultima volta, con una pasquinata indirizzata all'ignoto vandalo (ma non solo a lui, troppi ne circolano…):
“ O tu che m'arubbasti la capoccia
vedi d'ariportalla immantinente
sinnò, vòi véde? come fusse gnente
me mànneno ar Governo. E ciò me scoccia.”
Come dire che i governanti sono tutti senza testa, scriteriati… E’, del resto, noto che più che rispetto ai malvagi, che se conosce in genere ‘ndo vanno a para’, fanno molto più danno gli ignoranti… E i politici è risaputo. IGNORANO , ma tanto… Troppo ! ! !
MAURIZIO: Caspita, che avventura! Stavolta l’ascolto de tutte ‘ste statue è stato parecchio stancante, ma… ne valeva la pena! E tu, Mauro, hai fatto davvero un gran numero de belle foto, poi come le sai fa’ tu, pare che pàrlano…
MAURO: Sì, devo proprio confessare che, nonostante la stanchezza, me so proprio
divertito: e le foto poi, so’ svariate decine… Sono veramente sodisfatto… E quante notizie sulla nostra Roma cara abbiamo acquisito… Puro se ‘sta Città nun è manco la pallida ombra anche solo della Urbe bella e solare de tanti anni fa, co’ tutto st’accumulo de immondizia per le strade. Bisogna, in ogni caso, essere ottimisti, se no pare che le disgrazie uno se le chiama… Comunque, è necessario affermare che NON E’ mai tRAGGIco…
Alle prossime ‘statue parlanti’, Maurizio…
MAURIZIO: A presto e ad maiora, a sempre nuove e migliori foto tue e a sempre più precisi e caratteristici dialoghi miei…
Ciao, Mauro…
“FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO
ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA
CONQUISTAI CON MARFORIO E CON PASQUINO
NELLE SATIRE URBANE ETERNA FAMA
EBBI OFFESE, DISGRAZIE E SEPOLTURA
MA QUI VITA NOVELLA E ALFIN SICURA”.
Dar 1924 me trovo di nuovo in piazza Vidoni, sul muro laterale della Basilica de Sant’Andrea della Valle; proprio tale collocazione è quella mia originaria, poiché la mia statua fu ritrovata nelle fondazioni di Palazzo Vidoni, nell'area del Teatro de Pompeo. Nel corso del tempo ho subìto, in ogni caso, vari trasferimenti.
Scurtura de epoca tardo-romana, raffiguro co’ tutta probabilità un arto magistrato. In mancanza di una precisa identificazione, il nomignolo me venne dato dalla fantasia popolare che, con la consueta arguzia, trovava il mio personaggio particolarmente somigliante al sagrestano della vicina Chiesa der Sudario, conosciuto appunto co’ quer nome.
Come le artre cinque so’ stata la voce di svariate violente e irriverenti satire Pasquinate indirizzate a colpire anche pesantemente e sempre in modo anonimo i personaggi pubblici più in vista nella Roma der Basso Medioevo. Di questa mia caratteristica loquacità letteraria è testimonianza l'iscrizione che si trova sulla base della statua e che già prima v’ho letto completa :
“FUI DELL'ANTICA ROMA UN CITTADINO
ORA ABATE LUIGI OGNUN MI CHIAMA…”
Sulla sicurezza della vita novella l'epigrafe non sembra, pe’ mmia disgrazzia, ave’ avuto ragione, poiché ho subìto, anche da poco tempo, diversi atti vandàlici, orientati soprattutto all'eliminazione della mia testa, che è stata varie volte sostituita. È in occasione di una “decapitazione” del 1966 che Io parlai per l'ultima volta, con una pasquinata indirizzata all'ignoto vandalo (ma non solo a lui, troppi ne circolano…):
“ O tu che m'arubbasti la capoccia
vedi d'ariportalla immantinente
sinnò, vòi véde? come fusse gnente
me mànneno ar Governo. E ciò me scoccia.”
Come dire che i governanti sono tutti senza testa, scriteriati… E’, del resto, noto che più che rispetto ai malvagi, che se conosce in genere ‘ndo vanno a para’, fanno molto più danno gli ignoranti… E i politici è risaputo. IGNORANO , ma tanto… Troppo ! ! !
MAURIZIO: Caspita, che avventura! Stavolta l’ascolto de tutte ‘ste statue è stato parecchio stancante, ma… ne valeva la pena! E tu, Mauro, hai fatto davvero un gran numero de belle foto, poi come le sai fa’ tu, pare che pàrlano…
MAURO: Sì, devo proprio confessare che, nonostante la stanchezza, me so proprio
divertito: e le foto poi, so’ svariate decine… Sono veramente sodisfatto… E quante notizie sulla nostra Roma cara abbiamo acquisito… Puro se ‘sta Città nun è manco la pallida ombra anche solo della Urbe bella e solare de tanti anni fa, co’ tutto st’accumulo de immondizia per le strade. Bisogna, in ogni caso, essere ottimisti, se no pare che le disgrazie uno se le chiama… Comunque, è necessario affermare che NON E’ mai tRAGGIco…
Alle prossime ‘statue parlanti’, Maurizio…
MAURIZIO: A presto e ad maiora, a sempre nuove e migliori foto tue e a sempre più precisi e caratteristici dialoghi miei…
Ciao, Mauro…